chero: normalmente haitiani, migranti o nati sul posto. In queste piantagioni si lavora in condizioni molto simili a quelle dei secoli della schiavitù, quando Hispaniola (così si chiama l’isola delle Grandi Antille condivisa da Haiti e Repubblica Dominicana), nel XVIII secolo, era la colonia che esportava la maggiore quantità di zucchero e quindi la più redditizia del mondo. Dalla tesi di dottorato di Raúl è nato un volume di taglio antropologico, dal titolo «Mastico y trago» (mastico e ingoio), pubblicato nel 2023. L’antropologo ha però voluto allargare la diffusione di alcuni aspetti. Ha selezionato le «voci» di sette donne per realizzare un altro libro, agile e diretto, ma allo stesso tempo duro, come è dura la realtà nella quale ci porta, senza filtri. L’autore scrive nell’introduzione: «Il tentativo è quello di decolonizzare l’immagine astratta della donna a favore del suo riconoscimento come soggetto concreto e reale, dunque nella sua infinita molteplicità. Le voci di questo libro, perciò, raccontano e rappresentano unicamente se stesse». E continua: «Il volume, nell’offrire al lettore le testimonianze dirette di sette donne, a tutti gli effetti le vere autrici, non intende occuparsi di loro né intende coglierne il loro presunto punto di vista e, soprattutto, non intende proporre alcune interpretazioni, né alcun giudizio morale sulle loro scelte di vita». Perché Mujeres Raúl Zecca Castel è oggi assegnista di ricerca in antropologia culturale all’Università di Milano Bicocca, dove segue un progetto sul lavoro afrodiscendente informale nelle discariche in Repubblica Dominicana. Allo stesso tempo insegna antropologia culturale alla scuola di Interior design, decorazione e didattica museale all’Accademia delle belle arti di Brescia, e tiene un altro insegnamento di storia sociale dei media, nel corso di laurea di Comunicazione e società all’Università statale di Milano. Lo abbiamo incontrato a una presentazione dei suoi libri. Ci spiega come nasce l’idea di Mujeres. «Nel 2013 avevo compiuto una prima ricerca dedicata esclusivamente alla manodopera maschile, i braccianti tagliatori di canna. L’idea era quella di verificare cosa fosse cambiato per chi lavora ancora oggi nelle piantagioni di canna da zucchero dominicane, le stesse dell’epoca coloniale, che erano state segnate da un forte regime di schiavitù. Ancora oggi la mano d’opera è prettamente maschile, perché si tratta di un lavoro molto faticoso. Il libro che ne era uscito, una monografia etnografica, intitolata Come schiavi in libertà, da una frase di un bracciante intervistato, parlava esclusivamente di uomini. Mi sono poi reso conto, però, di aver trascurato tutta una componente importante della società di piantagione, che era quella femminile». Così Raúl ha un’altra occasione, la tesi di dottorato: «Avevo la possibilità di rimediare a questa mancanza e ho deciso di ribaltare completamente la prospettiva, e dedicarmi unicamente alla condizione che vivono le donne in questa realtà. Non vanno nelle piantagioni, ma restano all’in- “ Le donne sono forzate a legarsi agli uomini per questioni economiche. AGOSTO-SETTEMBRE 2023 | MC | 57 schiavitù | colonialismo | migrazione | discriminazioni © Raúl Zecca Castel A sinistra: bambini di fronte alle tipiche casette dei bateyes. | Qui: alcune case di batey: camere con porta e finestra a schiera.
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