Missioni Consolata - Maggio 2023

© Matthias Heyde - Unsplash © Luis Valiente - Pixabay del 30% entro il 2050. E, tuttavia, l’aumento di popolazione farà crescere la richiesta di cibo del continente del 50%. L’Asia meridionale è l’altra grande area dove i cambiamenti climatici produrranno gravi conseguenze sia in ambito agricolo che sociale, ma per ragioni opposte a quelle dell’Africa. In questa zona si assisterà a monsoni caotici e violenti che provocheranno vaste inondazioni e distruzione di tutto ciò che i venti troveranno lungo il proprio percorso. Fenomeni che paradossalmente produrranno anche scarsità di acqua potabile, perché le inondazioni dreneranno nei fiumi fertilizzanti e altre sostanze chimiche che avveleneranno le loro acque. Contaminazione aggravata dall’innalzamento del livello del mare che allagherà i campi con acqua salata compromettendo irrimediabilmente la loro fertilità. Le zone più a rischio sono le coste solcate dai delta. In particolare, si teme per il Bangladesh, paese piatto e densamente popolato con una grande quantità di famiglie ancora dipendenti dall’agricoltura. Se il livello del mare dovesse innalzarsi di 45 centimetri, come potrebbe succedere se non si riuscisse ad arrestare la crescita della temperatura terrestre, l’11% del territorio bengalese potrebbe essere invaso dal mare, con gravissime conseguenze umane, sociali ed economiche. Secondo alcune previsioni, da qui al 2050, in Bangladesh i cambiamenti climatici potrebbero costringere una persona su sette ad abbandonare la propria casa, per un totale di 18 milioni di sfollati. Ciò che stiamo imparando dai cambiamenti climatici, se mai ce ne fosse bisogno, è che i processi naturali trascendono i confini politici creati dagli umani. Effetto serra, venti, correnti marine, sono fenomeni di tipo planetario che possono avere la propria origine in un punto del globo e provocare i propri effetti in un altro. Le emissioni di CO2 Dal 1850 al 2011 l’umanità ha prodotto qualcosa come 1.500 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2) attribuibili per il 27% agli Stati Uniti, mentre l’Unione europea se ne intesta un altro 24%. In termini di popolazione, gli Usa rappresentano solo il 4,2% della popolazione mondiale, mentre l’Unione europea il 5,6%. Da un punto di vista storico la Cina ha contribuito solo per il 13% delle emissioni globali, mentre la sua popolazione rappresenta il 18% della popolazione complessiva. Quanto all’Africa, la sua partecipazione alle emissioni di CO2 è stata appena del 2%, ma la sua popolazione rappresenta oltre il 16% di quella mondiale. La dimostrazione pratica di come i ricchi abbiano inquinato e i poveri ne paghino le conseguenze. Oggi il maggiore emettitore di anidride carbonica in termini assoluti è la Cina che si intesta il 27% delle emissioni annuali globali. Per correttezza dovremmo precisare che buona parte delle sue emissioni e la chiamano economia

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