Un antidoto al «presentismo» Come scrive nell’introduzione al volume Valentina Pazè, docente di filosofia politica all’Università di Torino: «Grande è l’attenzione per i dettagli, a partire dalla descrizione degli ambienti e degli oggetti della vita quotidiana: le case di ringhiera della Torino di inizio secolo, le battane e le fiocine usate dai ladri di anguille, l’acqua di rose per farsi belle il giorno del matrimonio, lo sciaraball (carretto, nda) per muoversi nelle campagne, il lume a petrolio che rischiara le stanze degli anni Sessanta ancora prive di elettricità. Le vicende rimandano in parte a un mondo che non c’è più (i maestri che bacchettano sulle mani gli scolari, le lenzuola d’inverno intiepidite con un mattone caldo, l’olio di fegato di merluzzo, i peccati mortali e veniali da studiare a memoria al catechismo, il Carosello prima di andare a dormire), in parte a eventi e sentimenti perenni: la nascita, la morte, l’amicizia, l’abbandono, lo sconforto, la paura, la ribellione. E lo spaesamento di chi vive diviso tra due mondi, come testimoniano le molte storie dedicate al tema dell’emigrazione». Le vicende narrate permettono di spostarsi non solo nel tempo ma anche nello spazio, attraverso il nostro Paese e oltre: dal Piemonte alla Campania, dal Veneto alla Puglia fino alla Transilvania, al Burkina Faso, a Cuba, agli Stati Uniti e nelle terre dell’emigrazione italiana, in un viaggio storico-geografico ma soprattutto antropologico. sere faticosamente cercata, anche con dolore», ci dicono le Donne di Parola. E può accadere che il prezzo da pagare sia troppo alto. Questo spiega perché, dei sessanta racconti originari, uno sia stato escluso dalla pubblicazione per scelta dell’autrice: avrebbe causato troppo dolore ad alcuni dei discendenti, ancora in vita, della protagonista del racconto, una donna che nel ’46 ha compiuto atti coraggiosi, ma anche scabrosi per i suoi tempi. Una donna le cui tracce sulla sabbia verranno cancellate dalla spuma del mare. Nel libro un’attenzione importante è dedicata alla natura, presenza costante che emerge a tratti con il suo volto più duro (quando si presenta come siccità, grandinate, alluvioni), ma più spesso si mostra quale fonte di vita, rigenerazione fisica e morale, energia spirituale. È qui, come leggiamo nel racconto Bosco del Vaj, di Elena Leonelli, che «troviamo la quiete e la forza di reagire alla barbarie dei nostri tempi». Ed è sempre nella natura - come anche nella scrittura - «che cresce il desiderio di un mondo migliore, la speranza nelle nuove generazioni, la necessità di un contatto più stretto con le radici del bene e con la parte più vera di noi». Stefania Maiorino MAGGIO 2023 | MC | 23 A sinistra: alcune autrici del libro, in occasione della presentazione, a Torino, l’8 marzo scorso. | Sotto: presentazione del libro al Circolo dei lettori, a Torino, il 29 marzo. I lettori più anziani possono ritrovare pezzi e ricordi della propria giovinezza, rivivere momenti che sono stati importanti per la loro emancipazione, mentre i più giovani possono trarne una migliore comprensione del passato e confrontarsi pure con memorie più recenti che coinvolgono anche loro. In questo senso, secondo Pazè, il libro costituisce un «antidoto alle amnesie e al “presentismo” (considerare solo il presente, dimenticando il passato, ndr) di cui è malato il nostro tempo». Spinte in avanti A differenza di quello che molti si aspettano dalla letteratura femminile, in «Le storie siamo noi» l’argomento sentimentale viene solo sfiorato dalle varie autrici, interessate piuttosto a dinamiche di solidarietà sociale, riconoscimento dei diritti umani e civili, impegno politico. In linea con José Saramago, quando afferma che «la storia è spuma che arriva alla spiaggia del presente, mare che muove quell’onda e ci spinge avanti». In particolare, quel che emerge ai margini della storia è il ruolo delle donne, depositarie da sempre di drammi, gioie, scelte eroiche, cambiamenti epocali. «Insieme abbiamo scoperto che la verità, quella profonda, deve es- © Paola Ilardi
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