mi ha permesso di sentirmi meno sola, occupare il tempo e trovare un senso nuovo a giornate in tono minore». Proprio durante la pandemia Claudia Manselli ha avuto un’idea: perché non creare una raccolta di fatti originali, facendo emergere i momenti in cui le storie individuali - quelle di cui magari rimane solo un oggetto, una foto, un ricordo personale che altrimenti andrebbe perduto - si sono imbattute nella storia collettiva? Rapporti di forza Ecco dunque fissate sulla carta vicende che si intersecano con le due guerre mondiali, il fascismo, le migrazioni, il ’68, la legge Basaglia, il terrorismo, i referendum su divorzio e aborto, le stragi di mafia. E ancora l’incendio al cinema Statuto, i mondiali di calcio, le vittime dell’Eternit, fino alla pandemia da Covid-19. In alcuni casi «Le storie siamo noi» racconta fatti direttamente legati agli eventi della grande storia: il bambino che a cinque anni conosce per la prima volta il padre, reduce di guerra; la piccola sfollata in seguito all’alluvione del ‘66, costretta ad andare a servizio da una famiglia che la relega nello sgabuzzino; gli studenti che manifestano contro la guerra del Vietnam; il giovane obbligato a sposarsi con rito civile perché il Sant’Uffizio ha lanciato una scomunica contro gli aderenti al partito comunista; il malato di mente torturato nel manicomio dove l’elettrochoc è ancora la norma. In altri racconti gli avvenimenti storici restano sullo sfondo e a emergere sono i dettagli della vita quotidiana e del folclore: il lavoro nei campi, i chilometri a piedi per raggiungere la scuola, le vacanze in colonia, il festival di Sanremo visto in tv al bar del paese, l’ascensore che funziona inserendo monete da dieci lire. A volte bastano poche, semplici pennellate per ricostruire un’intera epoca, con i suoi processi produttivi e le sue gerarchie sociali. Scrive Pierisa Cavallero in Nascite e prodigi: «Nelle stanze di sopra si allestivano i graticci per i futuri bachi da seta. Si sceglievano i locali più luminosi e meno umidi, quelli che si potevano aerare. […] La famiglia dormiva nelle stanzette accanto alla stalla. Si mettevano diversi materassi di foglie di granturco a terra e ci si accampava lì. Solo gli anziani suoceri avevano il privilegio di riposare su un pagliericcio coperto da un piumino d’oca». Nel racconto Oro, Maria Muresan ricorda l’infanzia in Romania, quando i contadini dei collettivi dovevano cedere allo Stato tre quarti del raccolto: «Per poter vivere, di notte si andava a rubare quello che si lavorava di giorno, cioè il mais, le barbabietole, il grano. Una sera io, che avrò avuto nove anni, e mia sorella Violeta, che aveva un anno e mezzo di più, siamo andate a rubare le nostre patate. Nello stesso campo abbiamo incontrato i figli dei vicini, bambini come noi. Ci siamo spaventati tutti, ma una volta capito chi eravamo, abbiamo iniziato a giocare a nascondino». | MC | MAGGIO 2023 22 ITALIA “ In alcuni casi il libro racconta fatti direttamente legati agli eventi della storia. © Massimo Maiorino
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