lera, con quasi 500 casi identificati dalla fine di ottobre, molti dei quali bambini. Tra i minori è molto diffusa anche la malnutrizione. In una nota diffusa a gennaio, Medici senza frontiere (Msf) ha affermato che la sua struttura sanitaria a Dagahaley, un campo nel complesso profughi di Dadaab, ha curato il 33% in più di pazienti - principalmente bambini - per mancanza o scarsità di cibo nell’ultimo anno, mentre il tasso di malnutrizione nei campi è cresciuto del 45% negli ultimi sei mesi del 2022. «Abbiamo dovuto estendere il reparto per ospitare questo numero di bambini - ha dichiarato Kelly Khabala, vice coordinatore medico di Msf -. Le condizioni di vita nel campo ora non sono accettabili». Su Dadaab grava anche lo spettro di al-Shabaab. La milizia jihadista somala affiliata ad alQaeda effettua continui attacchi sul lato keniano del confine, che dista circa 45 miglia dal campo, piazzando bombe lungo la strada e sparando alle stazioni di polizia. Gli operatori umanitari si muovono a Dadaab scortati dalla polizia armata di fucili militari, anche se le stesse forze di sicurezza sono spesso bersaglio di attacchi fuori dai campi. Dadaab è anche un luogo in cui i miliziani fondamentalisti arruolano ragazzi per ingrossare le loro fila. Istruzione, arma di riscatto A lanciare segnali di speranza sono le Ong che lavorano all’interno del campo. Avsi e Jrs da anni ormai seguono programmi formativi a Dadaab, ma anche nel campo «gemello» di Kakuma (che si trova più a nord, verso il confine con il Sud Sudan, in condizioni non dissimili rispetto a quelle di Dadaab). L’educazione dei più piccoli e la formazione degli insegnanti sono una scommessa sul futuro. «Lavoriamo a Dadaab dal 2009 - osserva Andrea Bianchessi -. In questi anni ci siamo occupati della scuola primaria. Abbiamo seguito almeno 30mila ragazzi e ragazze e abbiamo formato 3.500 insegnanti. L’educazione di base è fondamentale per garantire un futuro meno duro a questi giovani. È per questo motivo che abbiamo offerto questi stessi servizi formativi anche alle popolazioni keniane che vivono nei dintorni del campo, per non creare disparità tra chi vive dentro e chi vive fuori». Un progetto complesso quello di Avsi che prevede programmi scolastici elaborati in coordinamento con le autorità keniane e somale, in modo che i ragazzi e le ragazze somale che dovessero rientrare in patria possano comunque vedere i loro studi riconosciuti. Un progetto che prevede anche la nascita di gruppi scout che impegnano i più piccoli e gli adolescenti in attività extrascolastiche ricreative. «Gli scout impegnano utilmente il tempo libero, ma non solo - continua Bianchessi -. Si pensi che, grazie alle loro attività, sono riusciti a entrare in contatto con 5mila coetanei e a convincerli a tornare a scuola. Un lavoro preziosissimo». Il Jrs invece si è concentrato sulla scuola secondaria, soprattutto a Kakuma. «La nostra organizzazione si è presa in carico la formazione superiore - osserva Pittaluga -. Sono servizi che dovrebbero essere garantiti a tutti. Ma, anche in questo caso, i finanziamenti delle organizzazioni internazionali non sempre sono sufficienti. Per pagare gli insegnanti e il materiale didattico stiamo quindi lavorando per raccogliere fondi e coprire le necessità di base delle scuole. Un compito non sempre semplice». Il futuro per decine di migliaia di persone che vivono nel Corno d’Africa è ancora precario. Il Kenya settentrionale e la Somalia sono stati duramente colpiti dalla peggiore siccità che abbia interessato l’Africa orientale negli ultimi 40 anni. La regione si sta preparando alla sua sesta stagione delle piogge con scarse o nulle precipitazioni. La guerra in Somalia non sembra essere alle battute finali. Difficilmente il campo sarà smantellato. Anzi. Dadaab, nella sua drammatica precarietà, sembra tuttora essere un’ancora di salvezza per molte famiglie. Enrico Casale MAGGIO 2023 | MC | 19 A sinistra: una rifugiata nei pressi del centro per le vittime di violenza a Dadaab (2017). | Qui: bambine somale, rifugiate al campo di Dadaab. “ Su Dadaab grava anche lo spettro di al-Shabaab. © Tony Karumba / AFP
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