Immaginate una città grande come Firenze. Senza però monumenti e strade asfaltate. Senza case in muratura. Senza un fiume che l’attraversa. Una distesa infinita di rifugi improvvisati, capanne, tende, circondata da un deserto arido dove a farla da padrona è una terra rossa che impregna l’aria e riempie i polmoni. Di fronte a voi, ecco Dadaab, il più grande campo profughi dell’Africa che sorge nel Nord del Kenya, nell’Africa orientale. Fondato nel 1991 dalla Croce rossa internazionale e gestito dal governo keniano e dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), da allora ha continuato a ospitare un flusso imponente di somali in cerca di rifugio, inizialmente dagli scontri tra le milizie claniche seguiti alla deposizione del presidente somalo Mohamed Siad Da 32 anni è una città fatta di ripari di fortuna, in mezzo al deserto. Ci abitano 350mila persone, e gli arrivi continuano. Intanto la guerra in Europa ha dirottato in Ucraina parte delle risorse. Alcune Ong e agenzie Onu continuano a dare assistenza a una popolazione (di rifugiati) che non può farcela da sola. Barre, poi dalla violenza delle milizie fondamentaliste di alShabaab (cfr. MC maggio 2018) e dalla siccità. Sono trascorsi 32 anni e, nonostante Dadaab fosse stato concepito come un’infrastruttura temporanea, la maggior parte dei rifugiati che vivono nell’insediamento è nata qui e qui ha sempre abitato. Dadaab è la loro città e, spesso, è l’unico posto che conoscono. | MC | MAGGGIO 2023 16 IL CAMPO PROFUGHI PIÙ GRANDE D’AFRICA La città dei tendoni © Tony Karumba / AFP di ENRICO CASALE KENYA
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