da attuarsi tramite investimenti e meccanismi di cooperazione commerciale, legati alla strategia della Nuova via della seta (Belt and road initiative), ma si parla anche di stabilità nel senso di sicurezza nazionale. Leggasi Global security initiative, il nuovo progetto multilaterale a guida cinese lanciato da Xi Jinping nel 2022. Dopo i due accordi su digitale e sicurezza, le Isole Salomone sono state ritratte dai media di stato cinesi come un modello di ciò che gli sforzi internazionali della Cina possono realizzare. L’influenza di Pechino arriva anche altrove. Una società cinese possiede, per esempio, la principale miniera d’oro delle Figi, così come uno dei loro principali siti estrattivi di bauxite. A Palau, uno dei paesi ancora fedeli a Taipei, la Cina ha inviato uomini d’affari che si stanno ritagliando un ruolo sempre più rilevante nella vita economica e politica. Due ex presidenti del piccolo paese, così come altri politici e funzionari, sarebbero vicini ad alcune di queste figure e potrebbero spingere in futuro il riconoscimento diplomatico della Repubblica popolare. La risposta americana Dopo anni di avanzata semi incontrastata della Rpc, negli ultimi tempi gli Stati Uniti sono tornati a occuparsi della regione, unendosi agli sforzi dell’Australia che, oltre per i cavi sottomarini, era intervenuta nel 2021 per bloccare l’acquisizione da parte cinese di Digicel, la principale azienda di telecomunicazioni delle isole del Pacifico. A fine settembre dello scorso anno, la Casa bianca ha organizzato il primo summit bilaterale con gli stati insulari della regione. Dopo aver ricordato il miliardo e mezzo di dollari già speso nel decennio passato, Washington ha presentato un pacchetto di 810 milioni volto soprattutto ad affrontare il cambiamento climatico, a rafforzare l’assistenza economica, la pesca, il commercio e gli investimenti, e a fornire altro sostegno tangibile alla regione. Il piano prevede anche ulteriori fondi per un programma globale di infrastrutture e investimenti per favorire la ripresa economica delle nazioni insulari colpite dalla pandemia, ad esempio nel campo del turismo. Se sulla spesa è difficile pareggiare la presenza cinese, gli Usa però hanno battuto qualche colpo anche a livello simbolico e diplomatico. Hanno annunciato la riapertura di una mini ambasciata a Honiara (Isole Salomone, chiusa dal 1993) e il ritorno dei corpi di pace tra Figi, Tonga, Samoa e Vanuatu. Ha nominato anche il primo ambasciatore statunitense al Forum delle isole del Pacifico, il massimo organismo politico regionale. L’accordo prodotto dal summit è stato firmato (in modo inatteso) anche dalle Salomone, dopo che dal testo finale erano stati stralciati tutti i riferimenti alla Cina. Ai paesi del Pacifico meridionale preme, infatti, evitare di finire invischiati in uno scontro tra superpotenze. La loro intenzione è quella di non dover scegliere da che parte stare, quantomeno fino a quando sarà concesso loro. E soprattutto di ricevere aiuto concreto sulle problematiche che hanno di fronte, a partire dallo sviluppo economico e dalla minaccia sempre più impellente del cambiamento climatico (con l’innalzamento del livello del mare che rischia di sommergere le isole, ndr). Ecco allora che Washington è riuscita a ottenere la firma di Honiara e degli altri governi concentrandosi su questioni come il clima, la crescita economica e i disastri naturali. APRILE 2023 | MC | 13 Qui: una mappa del Pacifico meridionale. Si notino al centro le Salomone, le Kiribati; a nord le Marshall e a sud la Nuova Caledonia, territorio francese. | A sinistra: Honiara, Isole Salomone. Il primo ministro Manasseh Sogavare (destra) accoglie l’allora ministro degli Esteri cinese Wang Yi (26/05/2022).
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