MARZO 2023 | MC | 81 di MASSIMILIANO FORTUNA PRENDI IL LIBRO E MANGIA librarsi Fiori nei cannoni La storiografia italiana sul «no» alle armi è ancora troppo ridotta rispetto al grande lavoro per la pace condotto nel nostro paese damolti attori. Alle panoramiche nazionali si affiancano studi utilissimi su luoghi specifici (come Torino) o personaggi che varrebbe la pena conosceremeglio. PER APPROFONDIRE ILTEMA DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA «Sempre più storici che lavorano su un quadro più grande hanno capito che per molte importanti domande nel loro campo le risposte dovranno essere ricercate negli studi al microscopio di regioni e luoghi particolari». Il caso di Torino nella storia dell’obiezione di coscienza italiana si adatta perfettamente a questo schema, perché il piano locale e quello nazionale si intrecciano di continuo e servono a illuminarsi reciprocamente. Da un lato, Torino può essere definita una capitale dell’obiezione di coscienza, dal momento che alcuni fatti che lì si sono svolti hanno avuto un rilievo nazionale: un esempio su tutti, il processo a Pietro Pinna, primo caso mediatico nel 1949 di obiettore di coscienza nell’Italia repubblicana, che portò l’obiezione al centro del dibattito pubblico. Il Tribunale di Torino è stato poi teatro anche di altri importanti processi e dell’attivismo di Bruno Segre, che può ritenersi l’avvocato per antonomasia degli obiettori italiani. Dall’altro lato, aspetti, temi, istanze di carattere nazionale hanno avuto una ricaduta nel contesto della realtà torinese. La contestazione dei cappellani militari, ad esempio, svoltasi in tutta Italia, ha registrato manifestazioni di protesta anche nel capoluogo piemontese. Segno di un serrato confronto sui temi Nella storia dell’obiezione di coscienza italiana, il 2022 che ci siamo lasciati da poco alle spalle ha coinciso con il cinquantesimo anniversario dalla promulgazione della legge 772/72, quella che ha riconosciuto l’obiezione di coscienza al servizio militare e istituito la possibilità di un servizio civile sostitutivo. Per la storia dell’antimilitarismo italiano, quella dell’obiezione è stata una lotta di indubbio rilievo. Essa ha preso avvio nei primi anni del secondo dopoguerra e - nell’arco di un venticinquennio scandito dai processi agli obiettori e dall’attivismo intellettuale di un gruppo, piccolo ma prestigioso, di uomini di cultura - ha condotto a un risultato legislativo concreto: permettere che l’impegno richiesto dallo stato ai ragazzi maggiorenni potesse svolgersi non solo in forme militari ma anche nella modalità di un servizio civile. Il caso torinese Con Non un uomo né un soldo (Edizioni Gruppo Abele, 2022) Marco Labbate, ricercatore dell’Università di Urbino, ha ripercorso lo sviluppo di questa storia entro un ambito locale, quello torinese e piemontese. Questa scelta ha la sua ragion d’essere nella considerazione di William G. Hoskins che Anna Tonelli riporta nelle prime righe della prefazione a questo libro: della pace e della guerra che si è giocato in quegli anni all’interno dello stesso mondo cattolico e che ha rappresentato un aspetto non secondario della storia in questione. Le lotte per i diritti civili Il libro ricostruisce, dunque, con grande dettaglio e precisione, il microcosmo piemontese delle lotte per l’obiezione e degli attivisti e dei movimenti che le hanno portate avanti. Contribuisce, quindi, a chiarire questa vicenda nel suo complesso nazionale e rappresenta una sorta di integrazione a un altro libro dello stesso autore uscito in precedenza, Un’altra patria (Pacini, Marco Labbate, Non un uomo né un soldo. Obiezione di coscienza e servizio civile a Torino, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2022, pp. 239, € 16,00.
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