«COSASTAI IMPARANDO?» Non potròmai dimenticare la sera in cui, a SugutaMarmar, siamo andati a trovare gli studenti, ospiti della parrocchia, che facevano cena. Erano 250 e, non appena siamo entrati, hanno puntato tutti i loro 500 occhi su di noi. Si servivano con lemani, senza posate, né tovaglioli, né bicchieri. Consumavano il loro pasto in silenzio, senza lamentarsi del cibo, e vuotavano il piatto prima di andarlo a lavare loro stessi. Avevano dagli 8 anni ai 14 e facevano tutti così. Mangiavano in tavolate da 15/20, servendosi a vicenda. Una di quelle sere il mio sguardo si è posato su una ragazzina, Tiffany, che era rimasta al tavolo da sola, essendo l’unica che non aveva ancora terminato. Allora, mi sono avvicinata, e abbiamo chiacchierato un po’: mi diceva che era sazia, per questomangiava a forza, ma che non se ne parlava di avanzare del cibo. Mentre ero con lei, sempre più ragazzi si aggiungevano al nostro tavolo e, come al solito, mi guardavano come se fossi una santa, sempre sorpresi di potere vedere o stare accanto a un «mzungu» (termine swahili che sta a indicare una persona bianca). A un certo punto, Tiffany mi ha fatto la domanda piùmatura che abbiamai sentito da una persona così giovane: «Cosa stai imparando da questa tua esperienza in Kenya?». RAGAZZE SALVATE E che dire di padre John Dida, il parroco di SugutaMarmar (ex missione della Consolata, affidata alla diocesi nel 2000)? Ci ha accompagnato per tutta la nostra permanenza in Kenya, anche quando ci siamo trasferiti a Wamba. Padre John gestisce la parrocchia, una grande chiesa, un laboratorio di cucito, l’orto, il campo da basket, la scuola, lamensa, l’oratorio e i dormitori. Con lui ci sono le suore di Maria Immacolata di Nyeri che si occupano della scuola secondaria per ragazze e del Girl child rescue centre, attraverso cui salvano la vita di tante giovanissime dai matrimoni precoci, lemutilazioni genitali e il lavorominorile. Impossibile dimenticare la nostra visita a questo centro, dove le ragazze ci hanno accolto fuori dal cancello cantando e ballando per noi, e dove, poi, quattro di loro si sono offerte di regalarci la loro testimonianza. Tutte erano state circoncise prima delle loro nozze programmate con uomini (che potevano essere loro nonni) da cui hanno voluto sottrarsi, a costo di vagare nella foresta per giorni, senza cibo né acqua. Nel centro di Suguta hanno trovato una nuova vita e una seconda possibilità: vanno a scuola, stanno con le loro coetanee e hanno tutte dei sogni. DOLORE E IMPOTENZA Oltre alle suore di Maria Immacolata di Nyeri, incontrate a Suguta, aWamba abbiamo conosciuto anche le suore della Carità e le suore del Nirmala Dasi provenienti dal Kerala (India). Ricordo che Vita, una volta, ha condiviso di essere rimasta colpita dall’accoglienza che ogni congregazione di suore ci aveva offerto. Dovunque ne abbiamo incontrate, queste sorelle ci hanno fatto sentire a casa, erano dolci, ospitali ematerne con noi. Se è vero che spesso papa Francesco raccomanda alle suore di esseremadri per il prossimo, loro lo fannomolto bene. Personalmente, rammenterò sempre la visita alla Huruma home (casa di misericordia in linAMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT MARZO 2023 amico | MC | 79
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