che la popolazione vive costantemente. Sono sempre sotto attacco. Per questo motivo la città è sempre al buio, al pomeriggio spengono tutte le luci per non dare riferimenti visibili a russi. I viaggi hanno lo scopo di incontrare le persone alle quali mandiamo gli aiuti. Attraverso la collaborazione con i vescovi locali in Ucraina, con i direttori delle Caritas, con religiosi e religiose, laici, persone che vivono sul posto, siamo in continuo contatto con le esigenze della gente. Per l’inverno, una stagione già difficile di per sé, e resa ancora più difficile dai bombardamenti sulle centrali elettriche, uno dei nostri obiettivi è stato quello di portare generatori, pannelli di legno per chiudere le finestre rotte delle abitazioni, vestiti. Con l’ultimo viaggio di gennaio, abbiamo iniziato ad andare anche più a Sud, per aiutare posti come Odessa, Mykolaiv, Kherson. Quest’ultima è stata liberata a novembre, ma è ancora sotto attacco da parte dei russi. Quindi vive una situazione umanitaria difficilissima. Anche lì cerchiamo di far arrivare tutto ciò che può portare un po’ di sollievo». La chiesa in Ucraina si sta dando molto da fare. «Sì, è una testimonianza davvero bellissima e coraggiosa: religiosi, diocesani, suore, laici, famiglie. Molti sono di origine polacca, ma hanno deciso di restare. Sono sempre lì, notte e giorno, e rischiano la vita: a fine gennaio, ad esempio, un sacerdote e una suora della Caritas di Charkiv sono stati feriti mentre portavano aiuti in un villaggio vicino al confine. La loro è la testimonianza di una chiesa che non scappa, non è lontana, non si perde in parole, ma, nella concretezza di questa realtà, offre sostegno». Durante i viaggi hai avuto modo di parlare della guerra con molte persone. «Parlo con molti. Non capiscono il perché del conflitto, sono stanchi. La speranza è che finisca presto, ma che finisca con un’integrazione delle componenti russe e ucraine, non con la separazione. La guerra non unisce, separa. Quello che si spera invece è che, finita la guerra, inizino dei percorsi di riconciliazione. Perché altrimenti non ci saranno i presupposti per far durare la pace. Basterà un fiammifero per far scoppiare un altro problema». Sfide inattese Tu come hai vissuto questo impegno non previsto? «La vita missionaria offre sempre sorprese inaspettate. Mai avrei immaginato di trovarmi in una situazione del genere. Però, di fronte a queste sfide cerco di rispondere dicendo eccomi, mi metto in gioco, quel poco che posso fare, lo faccio volentieri. È un’esperienza che porterò per sempre con me nella mia vita di missionario». Questa esperienza dell’Imc in Polonia cosa può dare al resto dell’istituto? «Un istituto ad gentes risponde alle sfide che il mondo gli mette davanti, e credo che il nostro lo stia facendo, pur con tutte le sue fatiche e contraddizioni. In tutto il mondo, siamo in posti sfidanti. Non soltanto in Ucraina. Quello che vivo io in rapporto all’Ucraina, lo vivono tanti miei confratelli in altri contesti. Sicuramente il tema dell’Est Europa, cruciale già oggi per il mondo intero, in futuro lo sarà sempre di più. Quindi credo che, se come Missionari della Consolata vogliamo essere sulle frontiere di quello che sta accadendo, sulle sfide più impegnative, non possiamo non esserci anche in questo contesto. Un sogno dell’Imc è di fare un passo ulteriore a Est. Ora si sta realizzando in questa forma. Vedremo in futuro quali saranno gli ulteriori possibili passi che si potranno fare». Luca Lorusso Sotto: gennaio 2023, Leopoli. Francescani distribuiscono cibo ai poveri. | A fianco: Kyselivka, 4 gennaio 2023. Padre Luca incontra una bambina sorridente che si avvicina. Ai piedi ha un solo pattino a rotelle, l’altro dice di averlo a casa. ARCHIVIO - Sul sito di MC si possono leggere diversi articoli scritti da padre Luca Bovio nell’arco di questo ultimo anno, tra cui la cronaca dei suoi viaggi. - A pagina 74: il progetto di solidarietà lanciato da Amico questo mese riguarda Charkiv.
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