MARZO 2023 | MC | o 39 PICCOLE IMPRESE CRESCONO o paese. È presente un contingente tedesco, con uomini e mezzi blindati. E, dal 2018 c’è anche una missione militare italiana, attualmente di circa 200 unità (cfr. MC marzo 2018). Dal 2012, inoltre, è presente Eucap Sahel Niger, missione civile di esperti delle forze di polizia di paesi europei, con la missione di formare le forze di sicurezza nigerine allo scopo di combattere il terrorismo. La missione è stata recentemente prolungata fino al settembre 2024. È composta da un centinaio di esperti e ha una dotazione di 72 milioni di euro. Una nuova missione, l’Eumpm (Missione di partenariato militare della Ue), è stata istituita dal Consiglio europeo il 12 dicembre scorso, nell’ambito della Politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc) «per sostenere il Niger nella lotta contro i gruppi terroristici armati […] rafforzerà la capacità delle forze armate del Niger di contenere la minaccia, proteggere la popolazione e assicurare un ambiente sicuro e protetto, nel rispetto del diritto in materia di diritti umani e del diritto internazionale umanitario», si legge sul comunicato stampa. Il suo mandato durerà tre anni con un budget previsto di 27,3 milioni di euro. Insomma, un bel po’ di militari stranieri - e di personale dei servizi segreti dei diversi paesi - che capita di incrociare nei locali di Niamey. Combattere il terrorismo «Tutti questi eserciti stranieri stanno perdendo il loro tempo e i loro soldi. Farebbero meglio ad andarsene», ci dice Moussa Tchangari, leader della società civile e fondatore di Alternative espaces citoyens, che incontriamo nel suo ufficio di Niamey. «La gente non vede in cosa siano efficaci, perché non hanno dato risultati, infatti i gruppi jihadisti stanno progredendo. La popolazione vede forze militari straniere, ben equipaggiate, ma non vede cosa fanno. Allora può addirittura pensare che i paesi che le inviano siano dietro a tutto quello che sta succedendo. Purtroppo è un’idea che sta prendendo terreno. Non solo qui, ma anche in Mali e in Burkina Faso. L’errore fondamentale del governo e dei suoi partner stranieri è di pensare che si possa risolvere il problema del terrorismo con la forza. Partendo da questa idea sbagliata, chi governa ha accettato che venissero eserciti stranieri. Questi sono venuti, perché pensano che la soluzione sia militare, ma anche perché la vedono come un’opportunità. Ma se vieni con uomini e mezzi e non porti risultati, il rischio è un effetto boomerang». Questo è quanto sta succedendo, e si inizia a percepire la diffusione di un sentimento antiimperialista in generale, a fianco di quello anti francese storico (dovuto alla colonizzazione). «La colonizzazione stessa è finita perché le grandi potenze non potevano preservare la loro egemonia con la forza delle armi. Sono stati vinti dai popoli colonizzati che non avevano eserciti potenti. L’errore fondamentale è credere che la soluzione sia militare, e trascurare tutte le altre opzioni». Dialogo, non armi Secondo Tchangari, i gruppi armati jihadisti sono attori politici, e «il loro obiettivo è prendere il potere». La soluzione per risolvere la crisi, secondo lui, starebbe nel riuscire a intavolare un dialogo con loro: «Se non vuoi la guerra, l’unico modo per risolvere la situazione è la discussione. Si parla con chiunque, quindi si può discutere anche con questi qui, che sono in maggioranza originari di quest’area. In ogni caso, si dovrà arrivare a farlo. “ L’errore fondamentale è credere che la soluzione sia militare, e trascurare tutte le altre opzioni.
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