caso della rabbia silvestre, trasmessa soprattutto dalle volpi (ma non solo da esse) e quello della peste suina, trasmessa dai cinghiali. Ecco, quindi, la necessità di controllare la presenza delle specie selvatiche vicino alle nostre abitazioni. L’invasione dei cinghiali Negli ultimi trent’anni, in Europa si è verificato un notevole incremento - sia numerico, che per distribuzione geografica - dei cinghiali. Originatosi in Eurasia e Nord Africa, si sta diffondendo in tutto il mondo. In Italia, sono ormai presenti ovunque, comprese le isole. Dal 1500 questa specie aveva subito una vera e propria persecuzione da parte umana, tanto per le trasformazioni ambientali, che per l’avvento delle armi da fuoco. Ne era derivata una sua progressiva diminuzione tanto che, all’inizio del XX secolo, i cinghiali erano presenti solo in nuclei isolati nelle regioni tirreniche del Centro e del Sud Italia, sul Gargano e in Sardegna. Nel 1919, la specie è però tornata sull’arco alpino, con la comparsa di alcuni esemplari giunti dalla Francia in Liguria e in Piemonte. Negli anni Cinquanta si sono verificate numerose immissioni di cinghiali provenienti dalla Slovenia in Friuli, a scopo venatorio e, sempre per lo stesso motivo della caccia, negli anni successivi tali immissioni sono proseguite con animali provenienti da allevamenti nazionali. Non è possibile conoscere il numero dei cinghiali attualmente presenti in Italia, a causa delle difficoltà e dei costi che comporterebbe un conteggio dei singoli capi. Tuttavia, secondo i dati più recenti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2020 i cinghiali sarebbero stati circa un milione, raddoppiati rispetto al 2010, mentre, secondo Coldiretti, il sindacato dei piccoli imprenditori agricoli, nel 2022 il totale stimato sarebbe di 2,3 milioni. I motivi di una così grande espansione del cinghiale in Italia sono dovuti sia alle immissioni a scopo venatorio, attualmente proibite (anche se ancora effettuate illegalmente in qualche regione del Sud), sia al progressivo spopolamento di vaste aree montane e rurali. Quest’ultimo fenomeno comporta sia una netta diminuzione del prelievo venatorio operato dall’uomo, sia una notevole sostituzione di terreni prima impiegati per l’agricoltura e la pastorizia con i boschi di vegetazione spontanea. Qui i cinghiali, che sono animali plastici e adattabili, possono trovare casa, benché il loro ambiente prediletto sia quello della macchia mediterranea, caratterizzato da vegetazione bassa e fitta, in cui possono nascondersi, come nel caso della smilacea, una pianta spinosa, tra i cui arbusti essi creano i loro viottoli. Peraltro, i cinghiali sono animali elusivi e intelligenti, capaci di sopravvivere in territori molto diversi tra loro e di cibarsi di un po’ di tutto, essendo onnivori opportunisti (benché la loro tendenza frugivora faccia prediligere loro ghiande, radici, tuberi, castagne in autunno-inverno e foglie, gemme e piccoli fusti in estate). Proprio perché sono animali opportunisti, quando le risorse naturali scarseggiano, i cinghiali, pur essendo considerati una specie sedentaria, sono capaci di percorrere anche decine di chilometri in cerca di cibo e, sempre più spesso, entrano nelle nostre città, attratti dai rifiuti organici presenti nei bidoni in strada. È chiaro che la loro presenza può essere percepita come pericolosa, anche se spesso la reazione umana risulta sproporzionata rispetto all’effettivo pericolo. Tuttavia, può capitare che una femmina di cinghiale con prole al seguito possa diventare aggressiva e quindi, se allarmata dalla presenza umana, attaccare l’uomo. Inoltre, i cinghiali vanno nottetempo a compiere veri e propri scavi nei terreni da pascolo o agricoli, facendo razzia delle coltivazioni e arrecando gravi perdite economiche ad agricoltori e pastori. Si stima che i danni all’agricoltura in Italia, a causa dei cinghiali, dal 2015 al 2021 siano stati in media di circa 17 milioni di euro annui. Questa cifra non tiene conto dei danni (anche mortali) causati agli automobilisti negli incidenti stradali da essi provocati. Infine, occorre considerare il rischio di possibili infezioni trasmesse ai suini d’allevamento, visto che, dal gennaio dello scorso anno, i cinghiali sono stati individuati come i principali responsabili della diffusione della peste suina. Per tutto questo sono, quindi, moltissimi coloro che, a gran voce, chiedono il controllo e l’eliminazione di questi animali, indicando la caccia come soluzione. Siamo però sicuri che sia questa la strada migliore per risolvere il problema? | MC | MARZO 2023 26 NOSTRA MADRE TERRA © Michal Renčo - Pixabay
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