Missioni Consolata - Novembre 2022

tram scandito dai battiti dello Zytglogge, i tre discutevano i temi trattati da David Hume, John Stuart Mill, Henri Poincaré, Baruch Spinoza. Di tanto in tanto, Einstein dilettava gli amici suonando il suo violino. Nel 2005, la casa in cui gli Einstein abitarono venne trasformata in museo, la «Einsteinhaus», mentre il Museo storico di Berna dedicò un’intera sezione alla coppia. MALDICENZE E INVIDIE UNIVERSITARIE Berna fu davvero il palcoscenico dove si dipanarono gli anni più spensierati di Einstein. Con la locale università il rapporto fu invece più conflittuale che collaborativo. Forse Einstein si risentì per il rifiuto ricevuto il 28 ottobre 1907 dalla facoltà dell’ateneo bernese della sua domanda per l’abilitazione all’insegnamento in Fisica teorica. La ricusazione non fu motivata dal rigetto delle sue teorie, come è stato recentemente ipotizzato, ma da un cavillo burocratico: Einstein non aveva presentato la tesi di abilitazione. La espose qualche settimana più tardi perché il 27 febbraio 1908 la stessa università invitò il fisico a una lezione di prova con alcuni studenti. La sua esposizione non sembra fosse stata apprezzata dagli studenti: molti trovarono i suoi concetti interessanti, ma spiegati in modo poco comprensibile e tanti abbandonarono il corso prima della sua conclusione. Alla fine, ad Einstein venne proposto una Privatdozent che gli permetteva di diventare un docente privato esterno e senza paga, che avrebbe potuto tenere lezioni nelle aule dell’università fu in uno di questi locali che Michele Besso introdusse all’amico i lavori di Ernst Mach, decisivi per la futura visione fuori dagli schemi della fisica che accompagnò Albert. Gli «anni felici trascorsi a Berna», come Einstein avrebbe descritto in seguito quello sprazzo di vita passata nella capitale svizzera, sarebbero rimasti sempre impressi nei ricordi dello scienziato. A Berna si consolidò anche lo stretto sodalizio con il matematico Conrad Habicht e il filosofo Maurice Solovine. I tre, ai quali talvolta si aggiungeva anche Besso, si riunivano spesso prima nell’appartamento di Gerechtigkeitsgasse al 32 e poi in Kramgasse 49 per discutere non solo di fisica, ma anche di religione, politica, filosofia. Mileva, a quanto avrebbe scritto Solovine, si limitava a osservare: portava in tavola gli stuzzichini (in genere, salsicce, formaggio, frutta), serviva il caffè, il tè senza partecipare alle discussioni. L’Akademie Olympia (Accademia Olimpia), come venne chiamato il gruppo dagli stessi partecipanti, giocò un ruolo essenziale nella formazione eclettica di Einstein. Nel salotto di casa, col sottofondo dello sferragliare dei raccogliendo le tasse di iscrizione ai suoi corsi. L’esperienza fu però un fallimento: «L’università è un letamaio. Non insegnerò lì, sarebbe una perdita di tempo», scrisse a Michele Besso. Come molti suoi colleghi, Einstein non riusciva a esprimere con concetti chiari e semplici le sue idee che risultavano astruse al corpo studentesco. La gloriosa epopea bernese della famiglia Einstein terminò il 6 luglio 1909 quando, a seguito dell’accoglimento della sua domanda di insegnamento al Politecnico di Zurigo, rassegnò le sue dimissioni dall’Ufficio brevetti di Berna e, assieme a Mileva e a Hans Albert, si trasferì a Zurigo. Qui, a differenza di Berna, il suo essere ebreo lo portò a subire maldicenze da parte dei suoi colleghi. Altra città e altri tempi per il futuro premio Nobel per la fisica. Piergiorgio Pescali 63 novembre 2022 MC A sinistra: i partecipanti alla «V conferenza Solvay» del 1927; in prima fila, al centro, un inconfondibile Albert Einstein. Si noti, inoltre, Marie Curie, unica donna tra tanti uomini. | In alto: la copertina che Time, la famosa rivista statunitense, dedicò ad Albert Einstein il 1° luglio 1946. * Il libro Piergiorgio Pescali, autore di questo articolo e storico collaboratore di MC, ha pubblicato recentemente un nuovo libro sulla guerra in Ucraina: ● Il pericolo nucleare in Ucraina, Mimesis Edizioni, Milano 2022. A MC

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