straordinari successi pubblicando i suoi articoli sulla più prestigiosa rivista scientifica di allora, gli Annalen der Physics. Iniziato con l’articolo sull’effetto fotoelettrico che gli sarebbe valso il Nobel, l’annus mirabilis terminò il 27 settembre 1905 con la pubblicazione de L’inerzia di un corpo dipende dal contenuto di energia? in cui compare la famosa relazione tra energia e massa collegandola a un suo precedente articolo pubblicato nel giugno 1905 sulla relatività ristretta. CONTRIBUTI IGNORATI? La paternità degli articoli che resero famoso Einstein non fu mai messa in discussione fino a quando, nel 1969, Desanka Trbuhovi-Gjuri scrisse una biografia di Mileva Marić in cui asseriva che il contributo della moglie serba nelle teorie di Einstein fosse stato decisivo. Nonostante non si siano mai trovate prove definitive su questa tesi, da quel volume nacque una fiorente letteratura che sarebbe sfociata anche in serie televisive che rivalutavano la collaborazione scientifica di Mileva alle scoperte del marito. Oggi, gli studiosi sono pressoché unanimi nell’asserire che la Marić non destreggiasse sufficientemente la matematica per poter assumere un ruolo decisivo nel lavoro di Einstein. Del resto nell’abbondante carteggio di Einstein, in cui compaiono le lettere anche della moglie, non vi sono indicazioni di un coinvolgimento diretto di Mileva. I rapporti tra i coniugi erano ancora ottimi quando gli Annalen pubblicarono i lavori del fisico tedesco, quindi perché, si chiedono in molti tra storici e scienziati, negli scritti originali della relatività ristretta, Albert Einstein avrebbe ringraziato l’amico Michele Besso per «essere rimasto accanto nel mio lavoro sul problema qui discusso e di cui gli sono debitore per i numerosi e valenti suggerimenti» senza citare la moglie? Forse, accanto al supporto dato dalla moglie, la grande ingegnosità della mente di Einstein potrebbe essere stata stimolata dalla ricchezza culturale di Berna e dall’atmosfera di tranquilla operosità che la cittadina emanava. Le passeggiate che sicuramente lo scienziato faceva sulle colline circostanti e nel Rose Garden, dove ancora oggi c’è una panchina con una sua statua, potrebbero aver stimolato la sua visione. Le caffetterie che si aprono sull’arteria principale furono teatro di discorsi con gli amici scienziati. Probabilmente 61 novembre 2022 MC © The George Grantham Bain Collection Albert Einstein visse in Svizzera, Germania e Stati Uniti, dove morì nel 1955. A Fisica | Bomba atomica | Antisemitismo | Premio Nobel Righi-Einstein e l’effetto fotoelettrico L’effetto fotoelettrico, motivo del conferimento del premio Nobel per la fisica ad Albert Einstein nel 1922, era già noto da tempo. Fu l’italiano Augusto Righi nel 1888 a dare il nome di fotoelettrico al fenomeno di emissione di elettroni che avviene quando un metallo è colpito da una radiazione elettromagnetica. Quello che Einstein fece, nel suo lavoro intitolato «Un punto di vista euristico sulla produzione e trasformazione della luce», fu di spiegarlo correttamente ipotizzando che la luce fosse formata da piccole particelle, i fotoni, che, trasportando una certa quantità di energia, potevano eccitare gli elettroni di un atomo. Se l’energia trasmessa dai fotoni fosse stata sufficientemente alta, gli elettroni avrebbero potuto liberarsi dal legame che li teneva uniti al loro nucleo. Grazie al suo articolo, scritto a Berna il 17 marzo 1905 e pubblicato dagli Annalen der Physics il successivo 9 giugno, venne dimostrato che la luce, o meglio i fotoni, potevano comportarsi sia come onde che come particelle. (PP) " MC
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