Missioni Consolata - Novembre 2022

avrebbe aiutati a raggiungerti e ad accorciare le distanze. Gradualmente, insieme a lei, abbiamo incominciato anche ad apprezzare il tuo paese, nonostante fosse difficile farlo fino in fondo; ma allo stesso tempo sapevamo che il nostro compito, un giorno sarebbe stato anche quello di accompagnarti nel tuo passato. Saresti cresciuto e avresti cercato le tue origini, lungo un percorso inverso, ma necessario per fare pace con chi la pace te l’aveva negata. Il nostro primo incontro con te è stato sorprendente, sei stato all’altezza della situazione e noi siamo riusciti a contenere le nostre paure e le nostre emozioni. Anna ci ha sempre raccontato di quanto il tuo popolo fosse ospitale e accogliente. E così è stato. Ci hanno fatto molti complimenti per il nostro polacco, anche per le parole pronunciate in modo buffo e goffo, ma piene di sentimento e di affetto. Ogni nostro tentativo di intavolare un discorso che avesse un minimo di senso, aveva come unico scopo quello di essere compresi da te. Ci scrutavi come se stessi facendo un calcolo di probabilità della riuscita dell’operazione, misuravi il grado di fiducia da concederci e parlavi con occhi attenti ai quali nulla sfuggiva, nemmeno la più impercettibile smorfia. A volte accennavi un sorriso. Eravamo avvolti da un uragano emotivo in grado di spazzare via un intero paese, tanto che mentre cercavamo di risultare disinvolti, i nostri nervi erano tesi come corde di violino. Noi grandi siamo fatti così, spesso ci vergogniamo di mostrare le nostre fragilità per paura di risultare ridicoli. L’averti conosciuto ci ha confermato ciò che già sapevamo, che saremo ritornati in Polonia a prenderti per portarti via con noi. Ci sentivamo leggeri e felici. Abbiamo continuato a studiare la tua lingua, ma questa volta tutto ci sembrava diverso, anche i suoni delle parole, una volta ostili, erano diventate la più bella delle musiche. La nostra motivazione e la determinazione erano cresciute a dismisura. Ci stavamo preparando con precisione ingegneristica a costruire non solo ponti, ma vere e proprie opere architettoniche, fatte di parole inedite e di sentimenti nuovi. Purtroppo con il tuo arrivo in Italia, inaspettatamente tutto è diventato difficile al punto di dare pugni contro i muri, fino a farci sentire svuotati; ci sfidavi, alzavi la voce, cercavi lo scontro, i tuoi improvvisi attacchi di aggressività erano diventati sempre più frequenti. La tua rabbia era provocante, a volte addirittura autolesiva, sapevi che, facendo del male a te stesso, avresti ferito anche noi. Era il tuo modo di chiederci di non abbandonarti perché, al contrario di ciò che dimostravi, avevi bisogno di noi per cercare di cancellare quel senso di colpa che sentivi dentro. Volevi essere amato incondizionatamente, volevi essere accettato anche se picchiavi e mordevi, anche se non facevi i compiti e ritenevi stupide le tue maestre. Il tuo inconscio ti restituiva scenari impressi nella tua mente, come la mia che richiamava l’odore della sigaretta. In questo siamo uguali, smarriti, indifesi e spaventati, ma non possiamo più permetterci di lasciare al passato le nostre storie irrisolte. Non si può restare aggrappati alle cose, bisogna dare un senso a tutto, anche al dolore, per lasciarlo andare, per permettere alle parole di rifiorire e di scrivere un nuovo capitolo della stessa storia. Sentivo la gola secca che strozzava ogni mio tentativo di dare forma verbale ai miei pensieri, come quando fai un brutto sogno e vorresti gridare ma rimani intrappolato nel tuo spasmo. Ma mentre stringevo la tua mano guardando il vuoto oltre il vetro della finestra, ho percepito le tue piccole dita agitarsi e poco dopo anche un filo della tua voce. Una scossa improvvisa ha attraversato il mio corpo e solo in quel momento ho avuto la chiarezza che il nostro e il tuo senso di appartenenza non sarebbe più stato soltanto un paese o una lingua, ma il sentire e percepire la vita insieme a te. Dorota Czalbowska ossier 44 novembre 2022

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