«Ha ucciso un uomo per delle foto?», chiese il poliziotto. Rigirai i polsi stretti nelle manette: «Sì, l’ho fatto… Non potevo non farlo». Sono arrivati al tramonto. Avevo chiuso le stalle e i pollai, stavo per preparare la cena. Il mio vecchio era in cortile, da quando i figli se ne sono andati si mette sempre sotto il ciliegio, dove una volta c’era la loro altalena. È lontana l’Australia, non possono venire a trovarci spesso. Ci mandano le fotografie, tutte a colori, con i nipotini che si vede che crescono bene. Noi le sfogliamo, le abbiamo tutte sistemate negli album e così li sentiamo più vicini. Ci bastano i ricordi. L’importante è questo, che loro stanno bene. La nostra è sempre stata una terra povera, difficile viverci. Dicevo, sono arrivati senza preavviso. Una decina di uomini robusti, con i fucili in mano. Dietro a loro, nascosto, il mio vicino, Kresimir. Un uomo arcigno, mingherlino, la moglie come lui, inacidita, non hanno avuto figli. Veniva spesso a controllare: le vostre pecore sono più grasse, le vostre mucche danno più latte, i vostri alberi danno più frutti. «Se hai bisogno serviti pure», gli dicevo. «Tanto a noi due vecchi ormai basta poco». Lui mugugnava qualcosa fra sé e se ne andava. «Avete poco tempo per andarvene», ci ordinarono quelli in uniforme. «Siete serbi e questa non è più la vostra terra. Prendete il vostro carro e via!». «Come, via, come andarsene? La nostra famiglia vive qui da secoli. Ci ha portato qui Maria Teresa per difendere i confini del suo impero e da allora è la nostra casa. La casa dei nostri padri, nonni, bisnonni…». «Poche chiacchiere, vecchia! Le cose sono cambiate! Tu e i tuoi avete perso la guerra. Ora questa terra deve ripulirsi dai bastardi!». «Sì, ripulirsi!», ripeteva anche Kresimir, gli occhi lucidi dalla contentezza. «Dove ci porterete», chiesi, «e per quanto tempo? Il mio uomo è vecchio ormai, non ce la farà a fare molta strada». «Prendete il carro e sparite. In Serbia, andrete, dove vi aspettano i vostri!». SUL FILO DELLA MEMORIA E DELLE RADICI Ricordi rubati ossier di DUNJA BADNJEVIĆ Dunja Badnjević Nasce a Belgrado nel 1945 e vive in Italia da più di cinquant’anni. Ha lavorato come redattrice e attualmente si occupa di traduzione e promozione della letteratura serba, croata e bosniaca. Ha tradotto per Adelphi, Guanda, Editori riuniti, Bordeaux ed., Newton Compton e altre case editrici. Per la collana meridiani della Mondadori ha curaro e tradotto Ivo Andric, romanzi e racconti. Con il suo primo libro, L’isola nuda, edito da Bollati Boringhieri, ha ottenuto diversi riconoscimenti nazionali. Il suo racconto, Ricordi rubati, ha vinto il Premio speciale Torino Film Festival della XIII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Costruito in maniera secca ed essenziale, sa raccontare in poche pagine una storia complessa e animata da più personaggi, tutti con fisionomie ben definite. Ha ritmo, tempo, senso della narrazione. E non perde mai di vista il filo della memoria e delle radici, che rappresentano la base, intelligente e attuale, della storia». 40 novembre 2022
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