radunarsi con altri, nell’alleanza stretta con il popolo. Dio si riconosce innanzi tutto non come creatore del mondo, non come vincitore di nemici, non come garanzia di vita e salvezza (tutte sue caratteristiche vere e autentiche, certo), ma come colui che dimora nell’incontro con l’uomo. Il Dio creatore, che non aveva sopportato di stare da solo, si compie autenticamente vivendo in comunione con noi, in una relazione che può essere soltanto scelta e accolta e mai imposta, perché fatta non di sovrano e suddito, ma di alleati che si trattano alla pari (cosa che l'uomo non può pretendere, ma solo accogliere come un dono divino). Di fronte all’essere umano che sceglie di stare con Lui e gli prepara una dimora per l’incontro, finalmente anche Dio può restare, fermarsi, riposare. Come in una nuova creazione, il punto d’arrivo è lo smettere di fare, e lo stare insieme. Come per il racconto della creazione in Genesi 1, questo diventa, senza volerlo, un appello a noi, spesso presi dalle tante cose che sentiamo di dover fare. Dio, nostro creatore e modello, riconosce il punto d’arrivo della sua creazione nel riposare. IN CAMMINO Eppure, ciò non deve far pensare che, finalmente, siamo arrivati a un punto fermo, stabile, definitivo. Gli israeliti non sono ancora arrivati alla dimora, e quindi non c’è arrivato neanche Dio, che ha deciso di camminare con loro. Potremmo essere tentati di immaginarlo mentre li prende miracolosamente e li fa volare nella terra promessa, come spesso ci piacerebbe che facesse anche con noi, liberandoci magicamente da paura e fatica (a volte, addirittura, lo accusiamo di non volerci bene, siccome non ci risolve così i problemi). Eppure, Dio non lo fa, non toglie loro il sudore e l’angoscia di quaranta anni di cammino nel deserto. Resta però con loro, condivide l’instabilità, la stanchezza, le preoccupazioni. Non al loro posto, ma insieme a loro. APERTI ALLA SORPRESA Di più. Li invita a non fidarsi della routine, a restare sempre aperti alla novità, alle sorprese. Ci saranno mattine in cui la nube non si alzerà dalla dimora, e allora anche gli ebrei rimarranno nell’accampamento, ad aspettare. Altre in cui invece partirà, e gli israeliti la seguiranno. Ma ci sarà sempre, lungo le notti (e le notti nel deserto sono cupissime e fredde!), la sua presenza come un fuoco nella dimora, un fuoco che illumina e riscalda. Un cammino di libertà Dio non promette al suo popolo che avrà sempre le farfalle nello stomaco, né la conclusione delle favole, «e vissero tutti felici e contenti». Dio promette di esserci, di camminare insieme a lui, di non abbandonarlo. Prospetta un percorso anche faticoso, lungo, pieno insieme di pericoli, di gioie e di noie. Invita a restare aperti alle novità che possono arrivare, anche se solo sotto la veste del guardare se anche oggi si parte o si resta fermi. LA SCOPERTA DEL SENSO Il lungo cammino del libro, che nella prossima ultima puntata vorremmo riprendere per coglierlo nella sua globalità e attualità, non ci ha portati a «una fine», ma «al fine», che è l’incontro pieno di Dio con l’essere umano. E che non cancella ma anzi dà sapore, gusto e senso a una vita quotidiana, «normale», ma finalmente libera perché in unione rispettosa con chi guida e illumina le vite dei suoi fedeli. Coloro che servivano il faraone da schiavi, ora prestano un servizio libero, adulto e dignitoso a un Dio che vuole la loro vita e la loro gioia. Non c’è che un passo piccolo per sentirsi dire: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Angelo Fracchia (Esodo 19 - continua) 34 novembre 2022 MC © AfMC / Benedetto Bellesi
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