all’approccio del popolo al mondo invisibile. È, questo, un tema delicato, vitale, che attinge alle profondità dell’esperienza personale e collettiva e che richiede uno studio serio e attento. Solo ultimamente, come istituto, ma anche come istituti missionari, si sono aperti spazi di riflessione su questo tema. Siamo solo agli inizi di un cammino affascinante, impegnativo, nuovo. [...] Rispetto e riverenza Il testo di Murang’a va ancora più in là. L’indicazione «Si insegni in Kikuyu a leggere e scrivere, ed elementi di aritmetica. Più tardi anche un po’ di inglese» contiene una pista più che mai attuale e del tutto in linea con i criteri di rispetto, delicatezza, riverenza per ciò che è la storia, la cultura, il patrimonio di un popolo. La lingua materna, lo sappiamo, è molto di più di una serie di vocaboli e di regole grammaticali. Essa lascia trasparire il sistema di pensiero, e anche di affetto, di un popolo. Nella struttura linguistica, nei vocaboli, si esprimono spesso i valori più profondi di una cultura, la sua cosmovisione, i suoi paradigmi fondamentali. Sottovalutare o svalutare la lingua di un popolo per iniziare una alfabetizzazione in una lingua veicolare diversa dalle radici culturali è un atto lontano dal rispetto e dalla riverenza che il patrimonio originario di un gruppo umano merita. La consapevolezza di questo dato si è fatta avanti, non senza fatica, nell’istituto. Anche qui, penso a alcune esperienze feconde in varie parti del nostro mondo missionario, all’interno di percorsi di etno educazione e di promozione all’insegnamento bilingue. Simona Brambilla Murang’a 2 MC ottobre 2022 43 espressioni missionarie, arrivammo a dirci che «abbiamo bisogno di riscoprire il significato profondo della missione superando il rischio di confinarla alle varie “attività missionarie”. Sembra utile e vitale riprendere il senso teologico della missione che è prima di tutto missio Dei (missione di Dio) nel suo movimento relazionale, di generazione, di vita che si incarna; missione che per noi si qualifica come consolazione». La tentazione di investire esageratamente in attività, strutture, opere, numeri, visibilità, efficienza, strategie e di affidarci a queste cose, è sempre presente. Ma, oggi come al tempo di Murang’a, il Vangelo chiede di scorrere nel tessuto umano, nella carne e nel cuore di persone che amano e che si lasciano amare, che sanno tessere, con umiltà, rispetto ed empatia, legami autentici, che sanno entrare con delicatezza nella casa vitale dell’altro e raggiungere, per grazia, il cuore della persona e del popolo. L’attenzione al popolo e il desiderio di tessere con esso relazioni di vicinanza, di affetto e di confidenza guidano le scelte dei missionari del tempo di Murang’a e la elaborazione di un primo metodo missionario, che si esprime nell’attenzione integrale (salute, educazione, catechismi, formazione dell’ambiente), nel promuovere un contatto diretto con la gente, nel raggiungere le persone laddove si trovano, sia fisicamente (le visite intensive ai villaggi), sia dal punto di vista esistenziale (lingua e linguaggio, visione del mondo, della persona, di Dio). Attualmente, l’impegno di entrare in contatto con il mondo spirituale della persona e del popolo si sta aprendo all’attenzione non solo all’esperienza di Dio, ma anche, più ampiamente,
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