Missioni Consolata - Ottobre 2022

26 ottobre 2022 MC fino alla Libia dove ha lavorato per un po’. Dopo due o tre mesi senza essere pagato, sono arrivati alcuni uomini con le armi dicendo a tutti: “Nessuno vi pagherà, ma vi possiamo portare in Europa. Che ne dite?”. Quando qualcuno ha detto di no, l’hanno ammazzato. Allora tutti sono partiti. Dopo due notti nel mare, li ha raccolti una nave che li ha portati a Lampedusa. Un anno dopo Michael è arrivato in Portogallo». I primi nove ospiti dall’Italia sono arrivati ad Aguas Santas a novembre 2020. Nella casa Imc la Fondazione Allamano ha allestito nove stanze con tre letti e un bagno ciascuna. «Si sta bene da noi - prosegue José -. L’Alto commissariato è venuto a visitarci, e ci ha detto che la nostra ospitalità è la più bella del Portogallo. Essere solo in tre per stanza, invece che in 10 o 15, permette ai rifugiati di avere un po’ di spazio personale». LINGUA E LAVORO Il protocollo di accoglienza prevede un’ospitalità di 18 mesi. È il tempo per iniziare un processo di integrazione e autonomia. «Se vuoi rimanere nel paese, devi imparare la lingua - dice José -. Il portoghese non è facile, però, anche se alcuni di loro non erano mai andati a scuola, tutti hanno avuto molta buona volontà». José ci racconta che tutti gli ospiti hanno iniziato a lavorare già dopo tre mesi. «Le aziende erano tutte contente. La maggior parte di loro è andata a lavorare nel settore delle costruzioni civili. Quattro hanno partecipato a un progetto di una multinazionale dell’arredamento, e hanno lavorato lì per otto mesi imparando anche il portoghese. Finito il progetto, due sono stati assunti, e sono molto contenti. Ora li stanno anche aiutando a trovare un’abitazione propria». Cominciando a lavorare e a parlare portoghese, i rifugiati iniziano a essere autonomi. pitato altre due volte: con un ragazzo iracheno e uno siriano che avevano famigliari in quei paesi». La maggior parte degli ospiti sono musulmani, i cristiani sono pochi, alcuni non sono credenti. «Questa è stata una bella sfida - sorride José -. Musulmani accolti dai missionari. Per me è un arricchimento grandissimo. Loro parlano molto della loro religione, e il rispetto reciproco è grande. Capita che, per andare in camera, passino davanti alla cappella dove, di giovedì, c’è sempre il santissimo esposto. E loro passano di lì con moltissimo rispetto. Quando facciamo degli incontri insieme, diciamo sempre una preghiera. Per loro è importante pregare anche con noi». Negli ultimi tempi, in cinque hanno iniziato a chiedere di fare catechesi con uno dei missionari, Antonio Malila del Kenya. Uno di loro, della Guinea Bissau, è stato battezzato durante la veglia pasquale di quest’anno. «Noi di questo non parliamo molto, perché non è lo scopo dell’accoglienza, e non vogliamo creare confusione nelle persone. Però è stato un momento importante per tutti». CONVIVENZA INTERCULTURALE E INTERRELIGIOSA Dopo i primi nove arrivati a novembre 2020, a gennaio sono arrivati due ragazzi diciottenni dal Pakistan, tramite un altro programma per rifugiati in Grecia. Gli ospiti già presenti erano tutti di origine africana. I due pachistani perciò apparivano molto diversi per la loro cultura. «Anche gli altri, però, erano tutti diversi tra loro. L’Africa ha molte culture. In più, ogni ragazzo ha una sua storia, ed è arrivato qui con uno scopo personale», dice José accennando alla grande quota di «diversità» presente nel piccolo gruppo di ospiti. «Oggi sono ventotto. Sono arrivati un po’ per volta in gruppetti di due, tre o quattro. Noi abbiamo sempre detto di sì. La maggior parte sono ancora con noi. Ricordo due ragazzi del Camerun che sono andati via dopo 15 giorni: ci hanno lasciato un biglietto per ringraziarci e per dirci che andavano in Francia. Il Portogallo non è uno dei paesi dove gli africani pensano di andare, se non quelli che parlano già portoghese. Piuttosto puntano a Germania, Inghilterra, Francia. È camissione reu

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