Missioni Consolata - Agosto-Settembre 2022

roccia e gli passa davanti, coprendogli il volto con la mano e proclamando, nello stesso tempo, la propria gloria. La proclama, non gliela lascia vedere. La dice, anche se non lascia che la si veda in faccia. E questa gloria, la natura stessa di Dio, non è quella di un giudice giusto e severissimo, non è quella del creatore o del signore assoluto dell’universo. Il nome che Dio proclama di se stesso è: «A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia» (Es 33,19). Un Dio liberissimo, autonomo, che non rende conto a nessuno. Ma anche un volto che, nel proclamare la propria libertà, riesce a dirla soltanto in positivo: parla di grazia e misericordia, non di castigo. Ciò che si può dire di Dio è bontà, misericordia, salvezza. Peccato solo non poterne vedere il volto. Quando Dio passa, toglie la mano, e Mosè può vederne le spalle. IL SENSO DEL RACCONTO L’Antico Testamento molto spesso fa teologia raccontando storie. È quello che fa anche Gesù, con le sue parabole e i suoi discorsi. Dobbiamo quindi provare a capire se per caso questa pagina voglia dirci qualcosa su Dio. Data la domanda di Mosè, è molto probabile. E ciò che il testo vuole dirci è nascosto tra le sue righe, anzi, forse non è neppure troppo nascosto, si lascia intuire bene. Quante volte nella nostra vita capita che solo guardandoci indietro possiamo cogliere il valore di certi passaggi, di certe persone, di certi tempi di gioia o di fatica. Quando c’eravamo in mezzo, coglievamo, certo, il sudore che ci chiedevano, a volte persino anche il bene che ricevevamo, ma il valore pieno del tempo vissuto lo capiamo soltanto quando lo ripensiamo a distanza, dopo che è passato. Guardando indietro possiamo forse anche intuire la presenza di Dio sulle pagine della nostra vita. Anche là dove ci sembrava di essere stati lasciati da soli. Questo succede soprattutto per le questioni davvero importanti: è necessario che siano passate, che siano chiuse, per riuscire a tracciarne un bilancio e capire a che cosa ci sono servite. È guardando indietro ai tempi della nostra vita ormai sigillati che possiamo apprezzarne e valutarne fino in fondo il valore, cogliendo anche magari come Dio vi fosse all’opera. Ne vediamo le spalle: solo quando Dio è passato riusciamo a capire che c’era, che era con noi. Anche a Mosè è capitato lo stesso. Un cammino di libertà CHI VEDE DIO, MUORE? Ecco allora la dimensione più profonda del rifiuto di Dio di mostrare il proprio volto a Mosè, di fargli vedere la sua gloria. Per cogliere la realtà autentica, completa, di Dio, occorrerebbe che la nostra storia con lui fosse ormai conclusa. Occorrerebbe, cioè, che la nostra relazione con lui fosse finita, oppure che la nostra vita sia ormai giunta alla fine. Quello che Dio afferma non è che chi lo vedesse, morirebbe, ma che per vederlo completamente, per capire fino alla fine ciò che ha fatto nella nostra vita, per cogliere il suo volto, occorre essere morti, bisogna che la nostra vita abbia detto tutto ciò che doveva dire. Oppure, che la nostra storia con Dio sia ormai conclusa. Il messaggio divino a Mosè, ma anche ai lettori, è esattamente questo: per vedere Dio occorre essere morti, in quanto lui non ha nessuna intenzione di lasciare che la nostra storia insieme finisca prima. Finché non saremo arrivati alla fine dei nostri giorni, dice Dio, Lui continuerà a essere presente e parlare e camminare con noi. Quindi, non si può ancora vedere fino in fondo il suo volto, non si può tirare un bilancio della relazione con Lui. Angelo Fracchia (Esodo 17-continua) 34 agosto-settembre 2022 MC Alba dal Monte Sinai - @ AfMC / Benedetto Bellesi

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