retto trainato da un cavallo dalla corporatura massiccia, che serve per portare di tutto, dalle persone agli attrezzi da lavoro, masserizie, cibo. A far da contraltare a questo mezzo antico, automobili di grossa cilindrata (Bmw, Mercedes, Volkswagen) che, soprattutto in alcune aree agricole e modeste, sono di grande contrasto. Tutto questo abbiamo visto attraversando la Romania da Ovest a Est, nel territorio della Transilvania. Difficile dire quale sia veramente la realtà non avendo potuto fermarsi e stare un poco con le persone. L’idea che mi sono fatta attraverso quanto ho registrato con il solo senso della vista, è che si tratti di un paese che porta ancora in sé i segni di un passato legato all’ex Unione Sovietica ma con uno sguardo rivolto al mondo occidentale, all’Europa di cui fa parte e di cui forse vorrebbe tenere il passo. Arrivati a Iași, ad attenderci abbiamo trovato suor Betty della congregazione delle Suore della Provvidenza di Adjudeni (Romania) che ci avrebbe accompagnati nella Repubblica di Moldavia e aiutato nell’attraversamento delle dogane rumene e moldave. Al mattino, con i pulmini carichi, ci siamo avviati per percorrere l’ultimo tratto di strada verso la Casa della Provvidenza di Chisinau, il centro pastorale della diocesi dove trovano ospitalità molti profughi ucraini, spesso di passaggio per raggiungere altre mete europee dove si trovano parenti e amici. BUROCRAZIA E PANICO DA DOGANA Alla dogana rumena non abbiamo avuto nessuna difficoltà. La cosa non è stata altrettanto facile alla dogana moldava. Nonostante tutti i nostri documenti preparati in Italia e in repubblica di Moldavia dalle suore, i quali riportavano la proprietà dei pulmini, l’elenco delle merci, la destinazione, la motivazione (aiuti umanitari), siamo stati bloccati per un modulo sul quale mancava la firma di una funzionaria moldava. Abbiamo atteso qualche ora perché le suore potessero recarsi all’ufficio, raccogliere la firma, inviare il documento alla dogana e a suor Betty che ha dovuto trovare il modo di stamparlo e consegnarlo. Abbiamo vissuto altri momenti di panico quando ci hanno informati che avrebbero apposto i sigilli a uno dei pulmini. Poi, fortunatamente, ci hanno ripensato (chissà - ho pensato - forse grazie alla Provvidenza) e siamo potuti ripartire. Poco dopo il nostro arrivo, alla dogana moldava è arrivato un pullman francese carico di aiuti e con una decina di accompagnatori. Anche loro si sono trovati ad affrontare la burocrazia della frontiera, ma hanno avuto meno fortuna visto che li abbiamo incontrati la sera tardi che uscivano dalla dogana moldava mentre noi eravamo già sulla strada del ritorno verso Iași. Suor Betty ci ha spiegato che alla frontiera sono diventati molto pignoli da quando c’è un grande passaggio di profughi ucraini. Sappiamo infatti di altri che sono stati trattenuti ore ed ore con controlli accuratissimi. Senza voler giudicare o criticare le leggi e le procedure degli altri paesi, mi chiedo se - in una situazione di simile emergenza e nel momento in cui si è in possesso di documenti idonei - non si possano snellire gli iter burocratici per evitare di intasare le dogane con file interminabili e tempi infiniti di attesa, anche da parte di persone che provengono da situazioni di guerra e che, quindi, hanno già sulle spalle grandi preoccupazioni e ansie. FINALMENTE ALLA META Dopo più di due giorni di viaggio, abbiamo raggiunto la nostra meta. Ultimo scoglio: gli uffici doganali in città che dovevano dare il nullaosta per scaricare la merce. Ancora tempi di attesa, toccati a suor Betty e Sandro. L’accoglienza di suor Rosetta e delle altre suore è stata davvero speciale, come sempre mi è capitato di sperimentare nelle mie visite ai missionari trentini. Siamo arrivati quando i bambini dell’asilo, una delle due attività normali del centro, stavano giocando in cortile, come pure alcuni dei bambini ucraini ospiti. Suor Rosetta ci ha raccontato che erano presenti una novantina di profughi. Dieci erano di etnia 20 MOLDAVIA * giugno 2022 MC © Pablo Miranzo - Anadolu Agency - AFP
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