R MC casa di Nazareth tra Maria e Giuseppe. A Nazareth scopre anche il mistero della Visitazione come un nuovo modo di fare missione e di trasmettere la fede. Si propone di partecipare all’opera della salvezza imitando «la Santa Vergine nel mistero della Visitazione, portando come lei, in silenzio, Gesù e la pratica delle virtù evangeliche tra i popoli infedeli». Ed è ancora a Nazareth che comprende che fare la volontà di Dio vuol dire: «Essere dove Dio ci vuole, fare ciò che Dio vuole da noi, nello stato dove lui ci chiama; pensare, parlare, agire come Gesù avrebbe pensato, parlato, agito, se il Padre suo lo avesse messo in quel particolare stato». Madre Elisabetta, badessa del convento delle Clarisse di Gerusalemme, lo convince a diventare prete per «fare» il maggior bene delle anime. Dopo un’adeguata preparazione e gli studi di teologia a Roma, viene ordinato sacerdote a 43 anni (1901) nella cappella del seminario di Viviers, in Francia. Gli viene dato il permesso di abitare nel Sahara. «I miei ritiri di diaconato e di sacerdozio mi hanno mostrato che questa vita di Nazareth, che mi sembrava essere la mia vocazione, bisognava viverla non in Terra Santa, tanto amata, ma tra le anime le più ammalate, le pecore le più abbandonate». «Portare Gesù in silenzio presso i popoli infedeli e santificarli con la presenza del santo tabernacolo, come la Vergine Santissima santificò la casa di Giovanni portandovi Gesù». MISSIONARIO MONACO Col passare del tempo, Charles prende sempre più coscienza che «la mia vita non è quella di un missionario, ma quella di un eremita» (LHC, 28/10/1905). «Io sono monaco, non missionario, fatto per il silenzio, non per la parola» (Lettera a mons. Guérin, 02/07/1907). Vive solitario in Algeria, allora colonia francese, mettendosi al servizio del prefetto apostolico del Sahara, monsignor Charles Guérin, stabilendosi a Beni Abbès (1901-1904), oasi di settemila palme, dove costruisce il suo eremo, che chiama la Fraternità del Sacro Cuore. Lì cercherà di portare a Cristo tutti gli uomini che incontra «non con le parole, ma con la presenza del Ss. Sacramento, l’offerta del divin sacrificio, la preghiera, la penitenza, la pratica delle virtù evangeliche, la carità, una carità fraterna e universale, condividendo fino all’ultimo boccone di pane con ogni povero, ogni ospite, ogni sconosciuto che si presenti e ricevendo ogni uomo come un fratello benamato». Per questa sua attività caritatevole sarà chiamato: le marabout (santone musulmano, ndr.), «nome che già tutti gli indigeni mi danno; io mi trovo benissimo con loro, essi del resto sono bravissima gente». Il sogno di Beni Abbès è proprio quello di una fratellanza universale: «Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani e ebrei e idolatri a guardarmi come loro fratello - il fratello universale. Essi cominciano a chiamare la casa: la fraternità (khawa in arabo) e questo mi è caro» (lettera a Marie de Bondy, 07/02/1902). Fratel Charles desidera fortemente condividere la missione con un compagno, anche per garantire la continuità dell’opera. A tale scopo prepara il regolamento dei Piccoli fratelli del Sacro Cuore di Gesù e, in seguito, il regolamento delle Piccole sorelle del Sacro Cuore di Gesù (che saranno poi fondati nel 1933, ndr). Compirà tre viaggi in Francia alla ricerca di qualche sacerdote disposto a vivere con lui l’esperienza eremitica nel deserto, senza sucesso. A Beni Abbès è scosso dal fenomeno «vergognoso» della schiavitù, tollerata, se non favorita, anche dalle autorità militari francesi. Scrive lettere indignate ai superiori ecclesiastici, ad amici e parenti influenti, religiosi e laici, per ottenere che una simile ingiustizia venga estirpata definitivamente. Il 9 gennaio 1902 riscatta il primo schiavo, che chiama Giuseppe del Sacro Cuore, e ne riscatterà altri in seguito. In una lettera scritta a liberazione avvenuta afferma: «Oggi è uno dei giorni più belli della mia vita: per la prima volta ho potuto riscattare uno schiavo; non senza fatica, con l’aiuto di san Giuseppe al quale avevo affidato 63 maggio 2022 MC Nazaret, grotta annunciazione / © AfMC / Benedetto Bellesi
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=