Le chiedo come si possa aiutare l’Afghanistan per provare a cambiare le cose. «Quello che si può fare e continuare a chiedere, ognuno al proprio governo, di monitorare l’Afghanistan e di avere una propria rappresentanza qui: diplomatici, giornalisti, Ong. In questo momento, questa è l’unica speranza che abbiamo per poter arrivare a qualche cambiamento». «Mahbouba, come vede il futuro della donna afghana?». «È difficile dire che futuro abbiano le donne, soprattutto adesso che a molte di loro è vietato lavorare. Di una cosa però sono sicura: le donne rimaste in Afghanistan e anche le afghane che sono andate via, sono istruite, competenti e coraggiose. Sono certa che, per questo paese, il prossimo cambiamento, la prossima rivoluzione partirà proprio da loro». Angelo Calianno “istinto”? È una cosa assurda. Un’altra cosa vorrei aggiungere, prendendomene la responsabilità: il nostro presidente Ashraf Ghani si è comportato da codardo, fuggendo e mettendosi da parte immediatamente. È una cosa che non gli perdonerò mai». Domando a Mahbouba cosa pensi lei delle migliaia di persone scappate dal paese. «Non la trovo una cosa giusta, è come arrendersi e consegnare il paese nelle mani del regime. Ognuno però è responsabile per la propria vita, non sta a me giudicare quanta paura si può provare in quei momenti. Quello che mi consola - e di cui sono sicura - è che tante persone fuggite non hanno dimenticato l’Afghanistan e anche a distanza, stanno facendo e faranno tanto per aiutare chi è rimasto qui». «Qual è la situazione delle donne ora e come procede il suo lavoro di attivista dopo questi mesi caotici?». «Purtroppo, al momento non c’è nessun lavoro sul fronte dell’attivismo, nel senso che le priorità sono altre. La gente non ha da mangiare, non ha vestiti per l’inverno, dobbiamo prima di tutto pensare a questi beni essenziali. Io al momento ospito 120 persone nelle mie case rifugio e con il mio team cerchiamo di consegnare cibo e qualcosa di caldo a chi è rimasto nelle zone rurali». A sinistra: primo piano di Raziya Masumi, donna afghana rifugiata in Olanda. | Qui sotto: quadro dimostrativo delle varie componenti di una protesi presso il Centro di riabilitazione della Croce rossa internazionale, a Kabul. Ha firmato questo dossier: ANGELO CALIANNO - Laureato in storia antica, è reporter e fotografo freelance. Ha viaggiato in America Latina, Africa, Asia e Medio Oriente, specializzandosi in conflitti riguardanti l’estremismo islamista. Collabora con molte riviste italiane tra cui Missioni Consolata. All’estero lavora soprattutto per Byline Times. Il suo sito è: www.senzacodice.com. DOSSIER A CURA DI PAOLO MOIOLA. COPERTINE - A pagina 35: il reparto femminile del Centro di riabilitazione della Croce rossa internazionale a Kabul (foto Angelo Calianno). | A pagina 50: un bambino paraplegico durante la riabilitazione nel centro della Croce rossa internazionale, a Kabul (foto Angelo Calianno). | Nel logo (in alto, a destra), la bandiera dei Talebani. I «nuovi» Talebani MC maggio 2022 49
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