maggio 2022 39 I «nuovi» Talebani MC ancora nelle zone rurali. Il contatto con la società, con persone che hanno un’istruzione, potrebbe farli ragionare e, magari, aprire nuove possibilità». Verso l’Iran, l’Uzbekistan o il Pakistan Non tutti però riescono ad accettare la realtà di oggi, l’obiettivo principale di quasi tutti gli afghani che incontro rimane quello di andare via. Ci sono pochi voli disponibili in uscita, circa due a settimana, al momento operati solo da due compagnie aree (Qam air e Ariana) e solo per due destinazioni: Islamabad in Pakistan e Dubai negli Emirati arabi. I costi, poi, sono esorbitanti per chi vive qui con uno stipendio di settanta dollari al mese. Un biglietto aereo, di sola andata, costa attorno ai mille dollari, sempre che si possegga un visto o un permesso valido per il paese di destinazione. Per molti, quindi, l’unica soluzione è uscire dal paese via terra. Legalmente, oggi ci sono tre possibilità: l’Iran, l’Uzbekistan (che, però, apre e chiude continuamente il valico per ragioni di sicurezza) e il Pakistan. In questi giorni, il passaggio uzbeko è nuovamente chiuso. Quindi, decido di andare verso l’unico valico possibile per me: il corridoio di Torkaham verso il Pakistan. Partendo da Kabul con un taxi condiviso, attraverso Jalalabad proseguendo verso Est. L’atmosfera e l’approccio nei miei confronti, da parte dei Talebani, cambia totalmente rispetto a Kabul. In queste zone molti di loro sono nati e cresciuti tra le montagne, non sanno leggere o scrivere, non parlano altra lingua che non sia il pashtun (la lingua ufficiale in Afghanistan è il daari), e sono estremamente sospettosi e aggressivi. La zona a Est di Jalalabad, ovvero la provincia del Nangarhar, è conosciuta per molti motivi. Luogo nevralgico per tutti gli scambi commerciali in entrata e uscita (incluso l’oppio) verso Est, in passato è stato la regione di provenienza della maggior parte dei seguaci di Bin Laden e, prima ancora, di molti mujaheddin che combatterono contro i russi negli anni Ottanta. Per anni, il Nangarhar è stato teatro di scontro tra le forze armate governative e i Talebani. Oggi, nuovamente, è uno dei principali campi di battaglia tra Talebani e Isis-k. Già una dozzina di chilometri prima del valico, è possibile vedere una coda di centinaia di camion: sono fermi lì da un mese aspettando il permesso di poter passare. Gli autisti vivono tra la cabina del loro mezzo e l’asfalto, stendendosi su un tappeto per mangiare e riposare. In coda al confine, in balia delle guardie Visto che, con gli stranieri, i Talebani si comportano diversamente per dimostrare che sono «cambiati», decido di fingermi tagiko per testimoniare cosa accade su questo confine alle persone «comuni». Cominciando l’attraversamento del corridoio di uscita, nessuno mi chiede docu-
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