Missioni Consolata - Maggio 2022

r MC Missione Europa | Accoglienza | Rifugiati | Fraternità attivo alla vita comunitaria: rispettano gli orari, lavano i piatti e fanno le pulizie con noi. Mentre noi celebriamo l’eucaristia alla sera, loro preparano la tavola per la cena. Presto si crea come una simbiosi tra noi, anche sul piano religioso: la differenza è vissuta con rispetto, naturalezza e curiosità da entrambe le parti. Non è infrequente che ci chiedano spiegazioni sulla nostra fede. Il fatto di essere musulmani in una comunità di religiosi non crea nessuna perplessità: Salim e Ismael sono genuinamente sostenuti dalla loro spiritualità e per loro, che pregano quattro volte al giorno, non è strano parlare di preghiera e vedere che noi ci riuniamo per le nostre celebrazioni. A nostra volta, noi possiamo vedere da vicino come i musulmani vivono il Ramadan, condividere le loro feste. Poco prima dello scoppio della pandemia, a inizio 2020, arriva nella nostra casa un altro ospite. Si chiama Bright, ha 28 anni, è nigeriano, pentecostale, fuggito dalle persecuzioni religiose. Bright ci racconta di aver viaggiato per tre anni. Giunge da noi molto provato da ciò che deve aver sofferto in Libia. Ci racconta che è un saldatore e che dei mesi trascorsi a Bari ricorderà sempre la pasta che mangiava tutti i giorni. Il suo primo discorso alla comunità riunita è un’ispirata preghiera di ringraziamento a Gesù. Il Giovedì Santo, nel mezzo del lockdown, quando celebriamo la sati per il Ciad e la Libia, costretti a lavorare nelle miniere d’oro in condizioni disumane per pagare il debito contratto per il passaggio in macchina ricevuto, hanno attraversato il Mare Mediterraneo su un barcone. Quando sono partiti dalle loro case, nel Darfur in guerra, avevano 15 anni. Si sono conosciuti in viaggio e sono arrivati a Messina, in Sicilia, cinque anni dopo. SEDERSI A TAVOLA INSIEME I primi tempi comunichiamo con Salim e Ismael tramite sguardi, gesti, sorrisi e qualche parola di inglese. Sedersi a tavola con loro due ha qualcosa di misterioso e profondo. I primi mesi sono caratterizzati dai tentativi di comunicare, dall’attenzione a essere il più possibile accoglienti e a far sentire i nostri ospiti a casa loro, dall’emozione di vivere quella pagina di vangelo che dice: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35), che molte volte abbiamo ascoltato e che ora si concretizza in questo piccolo e coraggioso passo fatto come comunità. La parola di Dio «che opera in noi» (1Ts 2, 13) ha orientato una scelta, è diventata gesto, incontro, volto, presenza. SCAMBI INTERRELIGIOSI Sin dai primi giorni, nonostante i limiti della comunicazione, i ragazzi s’inseriscono in modo sorprendente nella comunità. Osservano come funzionano le cose in casa e contribuiscono in modo messa in casa, laviamo i piedi ai tre giovani. Il servizio che la nostra comunità sta facendo, è fatto alla scuola di Gesù. TOCCARE LA CARNE L’arrivo di Salim, Ismael e Bright, con tutto quello che porta con sé, conferma ancora una volta la verità di quel testo per noi molte volte ispiratore, che troviamo nella parte finale dell’Evangelii Gaudium, quando papa Francesco parla di un rinnovato impulso missionario: «A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita si complica sempre meravigliosamente e viviamo l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un popolo» (EG 270). Prendersi cura di qualcuno significa diminuire le distanze, accogliere qualcuno in casa vuol dire accettare che diventi parte di noi, lasciare che i suoi problemi diventino anche un po’ i nostri: per questo la vita si complica, ma si complica meravigliosamente, perché da questo incontro ne usciamo tutti più ricchi. VERSO UN FUTURO MIGLIORE Certo che la differenza culturale mette alla prova non poche volte la nostra capacità di ascolto e di dialogo. Non è facile nemmeno capire la sofferenza discreta di chi continua a essere perseguitato dalla preoccupazione per i familiari lontani ancora in pericolo. Accompagniamo con un’apprensione, quasi da genitori, i loro primi colloqui di lavoro. Sperimentiamo poi anche la gioia del chiarimento e del perdono, della fiducia e dell’amicizia che cresce nelle piccole atten29 maggio 2022 MC

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=