Missioni Consolata - Maggio 2022

dove si è trovato a documentare i giovani sfruttati per trovare oro scavando nella roccia a 20-25 metri di profondità. Calati in miniere, con l’utilizzo di semplici corde, totalmente sprovvisti di sicurezza, fanno un lavoro usurante e sfinente che permette loro appena di sopravvivere. Non è difficile allora immaginare il motivo che li spinge a cercare una vita migliore. Muoversi, fuggire, cercare un’altra possibilità, è qualcosa di strettamente legato all’animo umano, alla necessità, e non avviene solo in tempi di guerra, ma anche quando la vita diventa impossibile e intollerabile. IL FINE ULTIMO Il reportage non è morto, come non è morto il fotogiornalismo, ma sempre di più l’editoria ha problemi a resistere. Oggi il contenitore principale dal quale trarre foto del mondo è il web e bisogna spesso accontentarsi di immagini fatte approssimativamente. Eppure nell’ultimo decennio il numero di persone che si sono avvicinate al fotogiornaliracconto su uno spazio temporale che va dall’emergenza - la barca in difficoltà, i morti, il salvataggio - alle polemiche successive allo sbarco, senza però concentrarsi su ciò che avviene prima. In questo modo le persone che si muovono per via terrestre, spostandosi da un punto A a un punto B, difficilmente si vedono. Francesco ha lavorato principalmente nel bacino del Mediterraneo, nel Canale di Sicilia, nello stretto di Gibilterra, nel Mar Egeo e sulle terre più vicine, quindi Italia, Spagna, le isole greche e i confini terrestri come la rotta balcanica. Ma ha reputato necessario spostarsi poi nei paesi di partenza dei flussi migratori come l’Etiopia, lo Sri Lanka, il Senegal, il Burkina Faso. Racconta le migliaia di sfollati interni che spesso non arrivano alle coste europee e che sono, in realtà, la gran parte delle persone in movimento. Di loro spesso non si sa nulla. Alcune storie hanno richiesto a Francesco molta energia come quelle raccolte in Burkina Faso, smo è maggiore rispetto a qualsiasi altro momento. Francesco continua a credere fortemente nel potere del buon fotogiornalismo e porta come esempio ciò che è avvenuto dopo la famosa fotografia di Alan Kurdi: è tato per quell’immagine che la Germania ha aperto i propri confini a oltre mezzo milione di siriani e poi anche ad altri profughi. C’è una cosa però a cui Francesco tiene particolarmente: il fine ultimo. «Ai giovani fotografi che decidono di avvicinarsi alla fotografia giornalistica dico sempre di non avere fretta, e di tenere chiaro in mente l’obiettivo finale del proprio lavoro che non è diventare fotografi di successo, ma creare una narrazione che possa cambiare le cose. Non fare foto fini a se stesse per ottenere premi, mostre o pubblicare un libro. Quelli non sono punti di inizio o di arrivo, ma possono essere una distrazione se diventa l’unico fine della propria fotografia. Bisogna fotografare pensando prima di tutto di ascoltare, raccoA MC 25 maggio 2022 MC

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