getto delle sue fotografie. Si trovava in Puglia, al porto di Brindisi, quando ha assistito a uno sbarco di albanesi in fuga dalla dittatura. Era una coda del grande esodo iniziato nel 1991. Francesco si è sentito immediatamente attratto da quella moltitudine di persone che, scappando, aveva deciso di inseguire un sogno di libertà. Per questo, da oltre vent’anni, la sua fotografia è legata quasi interamente - ma non esclusivamente - alla documentazione dei flussi migratori in tutta Europa e paesi limitrofi lungo le rotte di terra e di mare. La migrazione, lo spostamento, sono tratti peculiari della natura umana. L’umanità è da sempre in movimento, e questo movimento assume tratti tanto più drammatici quanto più si cerca di ostacolarlo amplificando paure e posizioni illogiche e anacronistiche. Gli scatti di Francesco recano testimonianza delle migrazioni e del loro evolversi concentrandosi sui loro protagonisti. Ogni scatto è il racconto di una storia. Ogni storia, un tentativo di salvare la peculiarità della vita ritratta, sfuggendo alla logica spersonalizzante che presenta le migrazioni come «fenomeni idraulici» e anonimi. L’obiettivo di Francesco è, infatti, rendere omaggio a un’umanità caparbia che, un passo alla volta, guadagna centimetri di libertà. LA FOTOGRAFIA NECESSARIA Davanti a quello sbarco di albandesi, a quell’umanità disperata e disorientata, Francesco non ha potuto far altro che porsi delle domande fondamentali. «Chi sono queste persone? Perché scappano? Che storia hanno alle spalle? Perché fanno una scelta così importante come lasciare la propria terra e la propria casa? Cosa li spinge a muoversi verso l’ignoto rischiando così tanto?». Francesco ha capito che l’unica cosa che poteva fare era approfondire: «Guai se un fotografo si muove in un qualunque posto del mondo senza saperne la storia profonda. È necessario studiare, confrontarsi, andare a fondo nelle storie e nella vita delle persone per poter poi racl’Unione europea, varie agenzie di stampa internazionali, come Associated Press, nonché organizzazioni internazionali quali Unhcr (Alto commissariato per i rifugiati) e Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni). UN INCONTRO L’incontro con la fotografia è stato casuale. Si potrebbe dire - per usare le sue parole - che è stata la fotografia a «sceglierlo». Da sempre appassionato di immagine in senso lato, non aveva sviluppato una vera consapevolezza oltre la passione. Ricorda se stesso ragazzo quando, a 14 o 15 anni, internet non c’era e la sua finestra sul mondo erano le riviste, che sfogliava e dalle quali strappava gli articoli contenenti notizie e immagini che lo colpivano particolarmente. Francesco infatti è sempre stato attratto dall’immagine, dalla sua potenza evocativa, specialmente quando è unita a una storia che va oltre la foto. Poi un giorno la fotografia è entrata a far parte della sua vita, trasformandosi in un lavoro. Francesco paragona questo incontro a un altro, altrettanto casuale e altrettanto carico di significato: quello con il primo sog- Qui: Francesco Malavolta, nel mare libico, 2016 (cortesia di Gregorio Borgia). A sinistra: isola di Lesbo (Grecia), settembre 2015. Alcuni profughi stanno per sbarcare. * * 23 maggio 2022 MC Fotografia | Migrazione | Impegno sociale | Profughi " «Chi sono queste persone? Perché scappano? Che storia hanno alle spalle?». A MC © Gregorio Borgia /AP
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