pAGINE DI VITA 80 aprile 2022 MC Giuseppe Allamano fu per 46 anni rettore del santuario della Consolata, in Torino. Il suo capolavoro, però, fu la fondazione dei due Istituti dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Padre Lorenzo Sales, suo primo biografo, affermò che questa fondazione «non fu opera sorta all’improvviso nella mente dell’Allamano: maturò nel suo spirito attraverso una lunga preparazione spirituale». Inoltre, quando depose al processo diocesano per la beatificazione dell’Allamano, disse: «Egli ci raccontava che nel secondo anno teologico con due altri compagni aveva deciso di entrare nel “Collegio Missionario Brignole Sale” di Genova. I superiori del seminario lo dissuasero a motivo della malferma salute, il che si ripeté anche negli anni seguenti, finché dovette persuadersi di non essere questa la volontà di Dio nei suoi riguardi. Coltivò sempre l’amore per le missioni». GIUSEPPE ALLAMANO SI RACCONTA «NON AVENDO POTUTO ESSERE IOMISSIONARIO» L’Allamano si confidò con i suoi giovani a più riprese riguardo la sua sensibilità missionaria: «Oh, sì, io ero chierico e pensavo già alle missioni, ed il Signore nei suoi imperscrutabili decreti ha aspettato il giorno e l’ora». «Dovete sapere che mia mamma era ammalata quando le dissi che io desideravo farmi missionario: “Non voglio ostacolarti - mi rispose - pensa solo se sei chiamato e poi, quanto a me, non pensarci”». «Io raccomandai sempre a san Fedele da Sigmaringa (cappuccino missionario martire) la mia vocazione, che era di partire anch’io missionario; ma me l’ottenne in altro modo questa grazia». «Vedete, non avendo potuto essere io missionario, voglio che non siano impedite quelle anime che desiderano seguire tale via». Se, però, si vuole capire la motivazione decisiva della fondazione dei due Istituti missionari, bisogna cercarla nella profonda spiritualità dell’Allamano, uomo di Dio, sacerdote diocesano aperto all’universalità, generoso e attivo: «Certo, senza il pensiero dell’Istituto avrei potuto fare il “canonico signore” e starmene tranquillo - commentava bonariamente - e ciò sarebbe stato gustoso». «Anche il Cottolengo poteva starsene lì tranquillo; era canonico al Corpus Domini e poteva condurre una vita non faticosa. Poteva dire il suo breviario, passeggiare, leggere il giornale, andarsene a cena senza preoccupazioni… ed invece? Sapete quello che ha fatto. Anch’io potrei starmene tranquillo: andrei fino in coro; poi me ne andrei a pranzo…, poi leggerei un po’ la Gazzetta… e poi mi metterei a dormire un poco… e poi, e poi… e poi… - disse con forza - me ne morirei da folle… È questa la vita che si deve fare? Vedete, siamo destinati a voler bene al Signore. Dobbiamo far del bene, il più possibile». L’Allamano era talmente convinto della sua profonda vocazione missionaria, che giunse a dire nel suo entusiasmo: «Guardate, quando nascerò un’altra volta, scapperò in Africa…». E ci riuscì. «Aveva talmente lo spirito missionario che sembrava essere sempre stato in missione». Giuseppe Allamano, sacerdote di circa 30 anni, foto scattata probabilmente appena nominato rettore al santuario della Consolata. * «Non sono necessari segni straordinari (per essere missionari) - diceva l’Allamano esprimendo la sua convinzione - né bisogna aspettarli. La vocazione alle missioni è essenzialmente la vocazione di ogni santo sacerdote. Essa non è altro che un più grande amore a Nostro Signore Gesù Cristo, per cui uno si sente spinto a farlo conoscere ed amare da quanti non lo conoscono e non l’amano ancora». OGNI SACERDOTE È MISSIONARIO
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