Ha scritto questo dossier: MANUELA CENCETTI Torinese. Il cinema e il processo di creazione audiovisuale sono al centro dei suoi interessi e attività formative e professionali. È cofondatrice dell’Associazione culturale «i313». È coinvolta in nove edizioni del festival Cinemainstrada. Nel 2007 dirige il film Ato’ tzi tza’ (Aquì Estamos). Genocidio en Guatemala. Nel 2011 fonda il collettivo «Cine en la Calle» con giovani di Città del Guatemala, dove realizza laboratori di formazione e la prima edizione del Festival «Cine en la Calle». Nel 2013 monta il cortometraggio La casa è di chi la abita che racconta l’occupazione di una casa, a Torino, dal punto di vista dei bambini. Nel 2013 realizza assieme a Stella Iannitto per l’Associazione i313, La mia strada è il mondo intero, girato con un gruppo di ragazze rom bosniache e romene, residenti in due baraccopoli nella periferia Nord di Torino. La versione di Jean è il suo ultimo lavoro, diretto con Stella Iannitto e Jean Diaconescu. DOSSIER A CURA DI LUCA LORUSSO FOTO DELLE COPERTINE: Pag. 33. 26 febbraio 2015, sgombero della baraccopoli di Lungo Stura Lazio, il Platz. Fotogramma del film La versione di Jean. | Pag. 52. Maggio 2013, vita quotidiana, baraccopoli di Lungo Stura Lazio, il Platz. aprile 2022 51 ropa occidentale, arrivando a contare circa 2.000 abitanti. Tutti etichettati etnicamente come Rom, benché non siano solo Rom, ma più in generale persone povere, provenienti dalla Romania e non solo, che non hanno accesso ad abitazioni dignitose. L’unico spazio dove vivere a Torino, per loro, sono le sponde del fiume Stura, dentro la città, ma in un punto poco visibile. Un report del Consiglio d’Europa restituisce il livello di violenza istituzionale all’interno di questo insediamento: «Il 15 aprile 2004 un gruppo di circa 90 Rom rumeni, 70 dei quali avevano chiesto l’asilo e di cui 20 non l’avevano ottenuto, vennero sgomberati dalle baracche in riva al fiume in cui vivevano [...]. La polizia distrusse le baracche insieme a tutti i loro beni. Venti Rom senza documenti vennero espulsi. Una donna rom senza documenti, fu invitata a tornare in Romania. Lei non obbedì e [...] le autorità le tolsero i figli ponendoli sotto custodia statale. I 70 Rom che avevano fatto richiesta di asilo occuparono l’Ufficio immigrazione di Torino [...]. Dopo 48 ore furono spostati in una scuola vuota dove avrebbero dovuto vivere temporaneamente. Dopo l’arrivo di 36 persone rom nella scuola, i residenti della zona protestarono, così venne predisposto un campo con tre grandi tende [...]. Gli altri Rom usciti dall’Ufficio immigrazione chiesero di poter essere inseriti nel campo appena costruito, ma l’Ufficio immigrazione glielo negò. [...] il gruppo, di cui facevano parte molti minori, aveva fatto ritorno alle sponde del fiume ricostruendo le baracche»4. Fino all’ingresso della Romania nell’Unione europea nel 2007, a Torino sono frequenti gli sgomberi e gli spostamenti di rumeni rom e non rom da una baraccopoli all’altra. Essendo gli «ultimi arrivati» e non disponendo di mezzi di sussistenza, si adattano a vivere in baracche autocostruite in zone marginali e invisibili di Torino. All’assenza di risorse economiche e di tutela giuridica, si aggiunge la precarietà sanitaria, dato che non è possibile per loro iscriversi al Sistema sanitario nazionale e che l’unico mezzo per curarsi spesso è rivolgersi al pronto soccorso. Prima del 2007, gli interventi di sgombero di piccoli insediamenti da parte delle forze dell’ordine sono quotidiani. Il loro principale effetto è quello di spingere centinaia di persone nella baraccopoli di Lungo Stura Lazio, uno spazio più facilmente controllabile dalle forze dell’ordine. Il pogrom della Continassa Il 9 dicembre 2011, una ragazza di 16 anni residente nel quartiere delle Vallette (periferia Nord Ovest di Torino) denuncia una violenza sessuale da parte di due Rom. Nel quartiere viene organizzata per la sera successiva una fiaccolata di solidarietà con la vittima. Il giorno dopo, la sedicenne confessa di aver mentito, ma, nonostante questo, alcuni manifestanti si staccano dal corteo e attaccano la Cascina della Continassa dove vivono circa 50 persone rom rumene. Nel corso dell’attacco vengono devastate e incendiate baracche e roulotte, messe in fuga tutte le famiglie e ostacolati i soccorsi dei Vigili del fuoco. Benché in seguito si parlerà di un’azione improvvisata, già nella redazione del volantino che invitava alla fiaccolata, risultava chiaro l’intento, «Adesso basta ripuliamo la Continassa». Il processo per il rogo della Continassa durerà anni. Il 13 luglio 2018 la Corte di Appello di Torino pronuncia la sentenza di secondo grado: sono confermate le condanne per quattro persone, mentre una quinta viene assolta. La Corte conferma l’impianto accusatorio di primo grado e l’aggravante di «odio etnico e razziale». Manuela Cencetti NOTE 1- Enikő Vincze, Urban Landfill: A Space of Advanced Marginality, in «Philobiblon», vol. XVIII, 2013, n. 2. Traduzione nostra. 2- Francesco Careri, Una città a parte. L’apartheid dei Rom in Italia, introduzione all’inserto speciale L’abitare dei Rom e dei Sinti, de «Urbanistica Informazioni», n. 238, 2011, pp. 23-25. 3- Cfr. Marco Revelli, Fuori luogo. Cronaca da un campo rom, Bollati Boringhieri, Torino 1999. 4- Consiglio d’Europa, Collective Complaint by the European Roma Rights Center against Italy, 27/2004. Rom, rifugiati nei margini MC A sinistra: Sara scrive il suo nome durante lo sgombero. Mattina del 26 febbraio 2015, baraccopoli di Lungo Stura Lazio. Immagine tratta dal film La versione di Jean.
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