ossier 48 aprile 2022 ROM «ZIGANIZZATI» IN FUGA DALLA ROMANIA. IL CASO TORINO Da lavoratori a zingari Data la precarietà e il razzismo strutturale di cui sono destinatari, i Rom romeni, sedentari in patria, arrivati in città non trovano altri luoghi nei quali vivere che non siano baracche in zone periferiche e «invisibili». È il nomadismo forzato di cui sono esempi formidabili i campi di Lungo Stura Lazio e di via Germagnano nel capoluogo piemontese. di MANUELA CENCETTI Le migrazioni internazionali di comunità rom dalla Romania diventano consistenti dalla fine del regime comunista, benché siano già iniziate a partire dai primi anni Ottanta. Nel periodo socialista le popolazioni rom dei paesi dell’Europa centro orientale erano generalmente oggetto di politiche di assimilazione e di sedentarizzazione forzata. Questo rappresentava una grande differenza con le politiche segregazioniste o apertamente persecutorie degli stati dell’Europa occidentale nello stesso periodo. Nei paesi dell’Europa dell’Est, migliaia di Rom erano impiegati nel sistema economico socialista, lavoravano quindi nelle fabbriche come operai poco o per nulla qualificati, confusi con gli altri lavoratori, o nelle grandi cooperative di produzione agricola. Altri erano riusciti a rimanere al di fuori delle unità produttive socialiste e lavoravano nell’economia informale: piccolo commercio ambulante, riparazioni di utensili e calzature, artigianato, commercio e allevamento di bestiame, lavorazione e commercio di metalli, ecc. Durante il regime di Ceaușescu, in particolare tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, quando conobbero un’importante crescita demografica, i Rom Qui sotto: immagine tratta dal film La versione di Jean. 26 febbraio 2015, sgombero della baraccopoli di Lungo Stura Lazio, Torino. A destra: dicembre 2012, baraccopoli di Lungo Stura Lazio, il Platz, rifornimento di acqua.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=