r MC Missione Europa | Frontiera | Migranti | Accoglienza | Testimoni torità marocchine. «Così ci siamo andati, e quando ho visto la parrocchia e il lavoro, mi sono detto: secondo me è questo il posto giusto. Da quando è stata presa la decisione, le cose sono andate molto in fretta». Silvio era con padre Edwin Osaleh Duyani e padre José Luis Pereyra Quintián, superiore della Spagna. A Oujda operava un sacerdote diocesano francese, che però doveva rientrare al suo paese. «Abbiamo visto il lavoro che si stava facendo, la frontiera chiusa ufficialmente per problemi diplomatici tra i due paesi, ma attraversata clandestinamente da migranti subsahariani, mentre altri, arrestati in altre zone del paese, venivano portati lì per essere espulsi in Algeria (anche se formalmente non sarebbe lecito)». La scelta per l’arrivo dell’Imc in Marocco è caduta su padre Edwin, che avrebbe dovuto fare alcuni viaggi con permanenze limitate nel 2020, senza però riuscirci a causa della pandemia. IL PIONIERE «Sono arrivato a Oujda nel novembre del 2020 e ho iniziato a lavorare con il sacerdote francese che mi ha affiancato per diversi mesi», ricorda Edwin, che abbiamo raggiunto telefonicamente a Oujda. 17 aprile 2022 MC nella diocesi di Rabat. Durante quei viaggi, l’équipe ha contattato diverse istituzioni ed enti coinvolti nel lavoro con i migranti. «Durante il terzo viaggio (aprile 2019, ndr), il cardinale Cristóbal López, arcivescovo di Rabat, ci ha proposto di assumere la parrocchia di Oujda, vicino al confine con l’Algeria. Le condizioni erano buone, e sembrava la missione giusta». Silvio ricorda che, nei due viaggi precedenti, molti degli enti contattati, avevano citato Oujda come punto nevralgico di passaggio del flusso di migranti in arrivo dal Sahara, ma anche di quelli espulsi dalle aunel quale le persone si sentano accolte, valorizzate e amate, come requisito per potere aumentare la propria autostima e recuperare la dignità. È un servizio ecumenico perché lo facciamo in comunione di azione con i cristiani protestanti presenti nella Chiesa evangelica del Marocco. È un servizio inter congregazionale, perché integra i Missionari della Consolata, e due congregazion di religiose, le suore del Sagrado Corazon e quelle di JesusMaria. È un servizio interreligioso, perché in esso si coniuga il lavoro di cristiani e musulmani, e si indirizza a qualsiasi persona in necessità, indipendentemente dalla sua religione. E i musulmani sono la maggioranza. È un servizio integrale perché accompagna la persona, specialmente i giovani e minori non accompagnati, in tutti i suoi bisogni e finché non diventa autonoma e in grado di proseguire da sola. Ho affidato la responsabilità della direzione del centro di accoglienza e della parrocchia di Oujda ai Missionari della Consolata, per dare una continuità istituzionale, ma soprattutto perché il carisma della Consolazione è di pertinenza e necessità estrema per le persone in migrazione. Inoltre, una comunità ha le caratteristiche giuste per creare il clima di famiglia. SEGNI E TESTIMONI Essere vescovo, essere cristiano in Marocco, presuppone e implica convertirsi in segno e testimone dell’amore che Dio ha per l’umanità. Quello che facciamo ha un valore relativo, l’importante è quello che siamo e che viviamo, la testimonianza che diamo. San Giovanni Paolo II, in una brevissima visita a Casablanca, disse: «Le opere che fate qui, continueranno o non continueranno, però quello che certamente rimarrà è l’amore con il quale fate ciò che fate». L’amore non passa mai, in verità, ed è la vocazione comune di tutti i cristiani, ovunque sia e qualunque cosa facciano. La nostra sfida principale in questo ambiente nel quale viviamo, di maggioranza assoluta musulmana, è essere segno e testimoni della tenerezza e della misericordia di Dio; essere parola vivente e convertirci nel quinto Vangelo, l’unico che i musulmani potranno leggere: essere apostoli della bontà, affinché, come diceva (il beato, presto santo, ndr) Charles de Foucauld, chi ci conosce possa pensare o dire: «Se il discepolo è così, come sarà il maestro». cardinale Cristóbal López Romero arcivescovo di Rabat (liberamente tradotto dallo spagnolo) Nota Il cristianesimo (cattolici e protestanti) in Marocco è una minoranza, valutato in circa 1% della popolazione, meno di 40mila. I fedeli sono per lo più stranieri. Qui: ritratto del cardinale, arcivescovo di Rabat, che ha firmato questo contributo. * © Carla Fibla / Mundo Negro
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