Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2022

sforma in fallimento per tutti. Perciò urge attivare piani di solidarietà che permettano a tutti di ridurre la propria impronta di carbonio. Meccanismi solidi, non affidati al buon cuore. Ma su questo tema c’è ancora molta latitanza. Un punto fermo si cercò di metterlo nel corso della Cop16 che si tenne a Cancun nel 2010. Venne deciso di costituire un fondo, alimentato dai paesi ricchi, che entro il 2020 avrebbe dovuto mobilizzare ogni anno almeno 100 miliardi di dollari, sia di origine pubblica che privata. Somme da utilizzare a vantaggio dei paesi più deboli per la transizione energetica e la costruzione di opere a protezione delle avversità climatiche. Il 2020 è arrivato, ma l’obiettivo non è stato raggiunto. Gli ultimi dati, relativi al 2019, dicono che la raccolta si è fermata a 79,6 miliardi, per il 37% messi a disposizione dai governi, il 43% dal sistema bancario multilaterale che fa capo alla Banca mondiale e il 20% dal sistema privato. Non si capisce, però, se i soldi versati dai governi siano somme aggiuntive a quelle tradizionalmente versate sotto forma di aiuto o se sono soldi sottratti ad altri obiettivi di cooperazione. Un’opacità che troppi hanno interesse a mantenere per nascondere le proprie inadempienze. Ma è arrivato il tempo di capire che dalla catastrofe climatica o ci si salva tutti o non si salva nessuno. Per questo, la scelta operata a Glasgow di rinviare al 2025 il raggiungimento dei 100 miliardi, non è di buon auspicio. Francesco Gesualdi gennaio-febbraio 2022 49 Emergenza clima MC Bibliografia e sitografia I lettori troveranno bibliografia e sitografia di questo dossier sul sito della rivista: ● www.rivistamissioniconsolata.it Hanno firmato questo dossier: PAOLO MOIOLA - Giornalista, redazione MC. CHIARA GIOVETTI - Responsabile dell’ufficio progetti di Missioni Consolata Onlus. Per MC cura la rubrica «Cooperando». FRANCESCO GESUALDI - Già allievo di don Milani, fondatore del «Centro nuovo modello di sviluppo», autore di vari libri, per MC cura ogni mese la rubrica «E la chiamano economia». FEDERICA MIRTO - Per le foto da Glasgow. DOSSIER A CURA DI Paolo Moiola. COPERTINE E LOGO - A pagina 35: lo scioglimento dei ghiacci è uno degli aspetti più drammatici dei cambiamenti climatici (foto Pexels - Pixabay). | A pagina 50: primo piano di una donna waorani a Glasgow (foto Federica Mirto). | Il logo del dossier - due simboliche impronte di piedi - è di Colin Behrens - Pixabay. © Jasgleidl Duarte - Unsplash gata alle generazioni del domani che hanno diritto anch’esse a trovare un pianeta ospitale. Diritto di cui potranno godere solo se noi, i loro antenati, sapremo privilegiare la sobrietà rispetto allo spreco. Questa è la responsabilità che ci compete se vogliamo bene ai nostri figli. Il tema dell’equità richiama prepotentemente in causa un altro valore di fondamentale importanza per poter vincere la crisi climatica: la solidarietà. L’Ipcc, il gruppo di studio sul clima istituito dalle Nazioni Unite, sostiene che per vincere la sfida dell’anidride carbonica andrebbero investiti ogni anno 3.500 miliardi di dollari a livello mondiale, addirittura da qui al 2050. In effetti, non si tratta solo di rinnovare il modo di produrre energia elettrica, ma anche di riorganizzare la mobilità, di ristrutturare gli edifici, di trasformare i processi produttivi delle industrie altamente energivore e inquinanti come quelle del cemento, dell’acciaio, dell’alluminio. Clima, questione di tutti La sfida si presenta così ardua da mettere in difficoltà non solo i paesi più poveri, ma anche i cosiddetti paesi emergenti come Cina, India, Sudafrica. Bisognerebbe smettere di procedere in ordine sparso, ognuno per conto proprio, secondo la logica fatalista del «si salvi chi può». Atteggiamento suicida: il clima è una questione globale e il fallimento anche di uno solo si tra-

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