Missioni Consolata - Dicembre 2021
sono coloro che non hanno niente da perdere, quelli che sono già emarginati a causa della tradizione ancestrale, ov- vero giovani e donne. Quello che io propongo è di “selezio- nare chi spicca”, non in base alla carta geografica o al reddito, come spesso fanno i progetti, ma identificando chi ha già ini- ziato, senza aiuti esterni, una certa attività. Queste persone potrebbero farcela, allora vale la pena aiutarli». L’appiattimento di una data popolazione sulla po- vertà e sugli aiuti forniti dall’e- sterno sono una costante nelle aree con economia di sopravvi- venza. «Un aspetto che è migliorato ri- spetto al passato, è che noi ten- diamo a lavorare attraverso gli eletti locali (sindaci, ecc.). Questi, soprattutto in area rurale, hanno interesse che le cose funzionino, sia perché sono del posto, sia perché sperano di essere rieletti. Lavorare con i funzionari statali, invece, è più complicato, perché, che lavorino o no, lo stipendio lo portano a casa. Ma questo è così in tutti i posti del mondo». «La Cooperazione internazionale è sempre più lontana dalla realtà», aggiunge ancora il vete- rano. «Ad esempio, dicono che ci sono troppi bambini in Niger e bisogna sensibilizzare. Ma se un contadino non ha dieci figli che, quando sarà vecchio, gli da- ranno di che vivere, come farà? Qui, su 22 milioni di abitanti, i pensionati sono settemila, e tutti della funzione pubblica». Altra regola d’oro di Paolo Giglio: le tecnologie utilizzate nei pro- getti devono essere il più possi- bile riparabili localmente. Que- sto, oltre che a far funzionare le cose, fa girare l’economia locale. E qui si torna agli artigiani, visti come micro imprenditori del set- tore privato. «Bisogna lavorare con gli arti- giani, sedersi con loro, discutere di quello di cui hanno bisogno e cercare di aiutarli a quel livello». «Ma i donatori hanno bisogno di quelli che sanno parlare bene, per farsi pubblicità e usarli in quei seminari e simposi che non servono a niente. Ci sono im- prese che vincono premi, ad esempio sull’energia solare, ma non hanno mai posato un pan- nello solare». Un esempio molto semplice: «Le donne che fanno da mangiare per strada a Niamey (capitale del Niger). Tutte insieme hanno un giro d’affari che supera quello della più grossa società del Ni- ger. Ognuna di loro riesce a far credito a 10-12 funzionari i quali pagano solo a fine mese, quando ricevono lo stipendio. Loro dovranno andare a com- prare la materia prima a credito, perché non hanno liquidità. Il loro beneficio è inoltre piccolis- simo. Se si desse loro un micro credito, potrebbero raddoppiare il loro margine di guadagno, per- ché non pagherebbero il credito sulle materie prime. Queste donne non possono riempire dei documenti e non hanno il tempo di seguire dei seminari. Se non lavorano, non mangiano». UNA NUOVA BORGHESIA Paolo Giglio, nel suo libro, parla della necessità di una nuova bor- ghesia per trainare lo sviluppo del paese. «In questi paesi ci sono i grossi commercianti, pieni di soldi, e i funzionari, ovvero gli impiegati pubblici. Non c’è nulla in mezzo che produca qualcosa. Si tratta di pura compravendita. Produrre qualcosa, anche fuori dal campo agricolo e zootec- nico, è possibile. Anche se lo spazio si è ristretto, in quanto il mercato è invaso di prodotti ci- nesi, di cattiva qualità, ma di co- sto imbattibile. Bisogna appog- * AFRICA Sopra: Paolo Giglio in Niger nel 2014, insieme ad alcuni collabora tori e orticoltori. In basso: il libro di Paolo Giglio e Stefano Bechis, Nuova energia per l’Africa , edizioni l’Harmattan Italia, 2019, 196 pp, 20 €. * * Le tecnologie utilizzate nei progetti devono essere riparabili localmente. 12 dicembre 2021 MC © Paolo Giglio "
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