Missioni Consolata - Ottobre 2021
E la chiamano economia 30 ottobre 2021 MC IRAN, IRAQ E SIRIA Studiando la carta geografica si nota che l’Afghanistan si trova nel cuore dell’Asia, al centro di un cerchio che in periferia com- prende Russia e Cina, due su- perpotenze che prima della glo- balizzazione capitalistica erano considerate nemiche, poi solo concorrenti, ma pur sempre ri- vali. La possibilità di mantenere una presenza militare ravvici- nata forniva agli Stati Uniti un vantaggio non trascurabile. Ma ciò che più contava per i con- tenziosi del tempo, è che l’Af- ghanistan si trova alle spalle dell’Iran, un paese che dopo la cacciata dello shah era stato in- serito nella lista degli «stati ca- naglia» da parte degli Stati Uniti. E più avanti, verso il Golfo Per- sico, c’è l’Iraq, altro paese che gli Stati Uniti consideravano ne- mico. Messi assieme, Iran, Iraq e Siria, formavano quella che George Bush chiamava « l’asse del male », a suo dire un covo di terroristi che andava soppresso. Tuttavia, il paese verso il quale venne messa in atto la strategia più diretta fu l’Iraq. Inventandosi l’esistenza nel paese di armi di distruzione di massa, mai dimo- strata, nel marzo 2003 gli Stati Uniti lo invasero facendo ca- dere Saddam Hussein e lo ab- bandonarono solo nel 2011, pur mantenendo un contingente di 2.500 marines col compito di- chiarato di aiutare le forze locali a sconfiggere l’Isis. Nello stesso anno in cui le truppe Usa abbandonavano l’Iraq, la Si- ria piombava in una guerra civile, ancora non conclusa, che in dieci anni ha prodotto 600mila morti e 12 milioni di sfollati di cui la metà rifugiati all’estero. Un vero e pro- prio inferno nel quale si sono in- serite forze di ogni genere, inte- ressate ad assumere il controllo di un pezzo di territorio o a utiliz- zare un terreno terzo per rego- lare conti in sospeso fra loro. Fra esse molti eserciti regolari com- presi quelli russo, turco, statuni- tense, quest’ultimo con una pre- senza di 900 berretti verdi. Quanto all’Iran, il terzo compo- nente dell’asse del male, era un paese troppo grande e soprat- lebani non trovò uguale acco- glienza a causa dei suoi metodi repressivi contro le donne e della sua politica decisamente contraria ai diritti umani. Arrivarono gli attentati dell’ 11 settembre 2001 che procura- rono la morte a quasi tremila persone. Attentati prontamente attribuiti a Bin Laden che, nono- stante la vittoria sull’Unione So- vietica, era rimasto in Afghani- stan per condurre una nuova lotta, questa volta contro l’Occi- dente, ritenuto anch’esso re- sponsabile di comportamenti ol- traggiosi nei confronti dell’Islam. Non era passato neanche un mese dall’attacco alle Torri ge- melle che le bombe americane già piovevano su Kabul. La colpa dei Talebani era di non aver consegnato Bin Laden, non si sa se per incapacità di cattu- rarlo o per mancanza di volontà. In ogni caso, i politici statuni- tensi sostenevano che l’incur- sione contro l’Afghanistan sa- rebbe stata di breve durata. «Cinque giorni, cinque setti- mane, magari cinque mesi, non di più. Di certo non sarà una terza guerra mondiale», dichiarò solennemente l’allora ministro della difesa Donald Rumsfeld. In realtà, la cattura di Bin Laden avvenne in Pakistan dieci anni dopo, mentre l’occupazione del- l’Afghanistan è durata venti. Er- rori di calcolo o utile catena di fallimenti funzionali a permet- tere agli Stati Uniti di rimanere in Afghanistan il più a lungo possibile? Solo i documenti se- greti della Cia ci potrebbero dare le risposte, ma un’analisi della situazione geopolitica può aiutare. I TALEBANI E BIN LADEN È di questo periodo l’emergere di un gruppo che, vivendo il pro- getto di secolarizzazione perse- guito dal governo filorusso come una forma di colonizza- zione, virò verso un’interpreta- zione rigida dei precetti coranici, ormai caricati non solo di valore religioso ma anche politico, per- ché rivendicati come tratti es- senziali dell’identità afghana. Il movimento, che era capeggiato dal Mullah Omar , prese il nome di Talebani (da « talib », studente in arabo, « taliban » significa due studenti), perché aveva fatto proseliti soprattutto fra i giovani afghani cresciuti nei campi pro- fughi del Pakistan, che avevano trovato nelle scuole coraniche la sola possibilità d’istruzione. Ed è molto probabile che il na- scente movimento dei Talebani abbia anche goduto di denaro elargito dagli Stati Uniti che, tra- mite la cosiddetta «Operazione ciclone», sostenevano la lotta dei mujahidin contro i sovietici. Soldi probabilmente goduti an- che da Osama Bin Laden il quale, benché cittadino dell’Ara- bia Saudita, era corso in Afgha- nistan per combattere le truppe dell’Unione Sovietica viste come nemiche dell’Islam. I russi se ne andarono nel 1989. Seguì un periodo di instabilità e di lotte intestine che si concluse nel 1996 con l’ascesa al go- verno dei Talebani che erano stati capaci di assicurarsi un buon appoggio popolare grazie alle alleanze con i capi locali e alla prospettiva di porre fine alla guerra per bande, alla corru- zione e all’illegalità dilagante. Ma all’estero il governo dei Ta- © Amber Clay - Pixabay
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