Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2021

bocca al lupo»): è Dio stesso che si pone sulle porte. Dio è coin- volto, e non è neutrale. 2) L’aspersione è un gesto anti- chissimo, «copia» un rito già esi- stente. Nella tradizione vicino orientale, le porte della casa, il luogo di comunicazione con l’e- sterno e quindi il più fragile, il più esposto anche al malocchio, deve essere difeso da amuleti. Il sangue può essere uno di questi. Non è un rito ebraico. Nessuno di noi, però, viene dal nulla, siamo sempre figli di tradizioni e abitu- dini che risalgono a prima di noi e ci condizionano. A volte i «puri- sti» (e ogni tanto lo siamo stati tutti) vorrebbero eliminare dalle tradizioni ciò che le precede, per- ché siano senza mescolanze. Ma nulla nella vita umana è total- mente puro. Quando Dio si in- carna, non si vergogna di questa «mescolanza», che è la normale condizione umana, e vi entra an- che lui, la accoglie, la fa sua. An- che se non a ogni costo e in ogni caso. In quel rito di aspersione, che esisteva già prima degli ebrei, solitamente si difende- vano tutti i lati del passaggio (i tre stipiti e la soglia), e quindi an- che la soglia (nella nostra tradi- zione, a volte, la soglia di casa non si deve calpestare: eredità superstiziose antichissime). In Esodo, Dio invita a non pren- derla in considerazione. Come a dire che la relazione con il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe resta aperta all’incertezza, al non tutto deciso, quindi alla fiducia. 3) Il sangue sugli stipiti , poi, è anche un segno visibile all’e- sterno. Chi passa per strada può riconoscere che lì dentro ci sono ebrei, ed ebrei che hanno deciso di ascoltare la voce di Dio. Fi- nora, nello scontro tra Mosè (o Dio) e il faraone, il popolo sem- bra quasi essersi messo da parte, come uno spettatore. Viene però un momento in cui non si può più rimanere fuori, oc- corre mettersi in gioco, decidere da che parte stare. È questo il momento. UNA TRADIZIONE INTRECCIATA 4) L’ultimo aspetto merita di es- sere trattato un po’ più a fondo, perché riguarda tutto il Primo Te- stamento. Nel capitolo 12 di Esodo troviamo accenni alla Pa- squa «pastorale», alla Pasqua «agricola» e alla Pasqua «sto- rica» (questa emerge con più chiarezza negli stipiti bagnati di sangue ma fa anche da cornice a tutto il racconto). I tre aspetti vengono intrecciati, mescolati, quasi confusi, anche a costo di perdere un po’ in coe- renza narrativa. Ma è l’approccio normale della Bibbia. Noi uomini del nostro tempo tendiamo a distinguere, sepa- rare e analizzare. Il mondo bi- blico sa che la vita umana è in- terconnessa, intricata, persino confusa. E chi scrive, anche se si trova davanti tre tradizioni di- verse, distinte e separate, le uni- sce come nella vita. In tal modo «costringe» ognuno a ricono- scere dignità anche alle tradi- zioni diverse. Il contadino che ha sempre celebrato la Pasqua come festa stagionale, con gli azzimi e la mietitura dell’orzo, ri- conosce Es 12 come brano fon- damentale per comprendere la propria festa. Quel passo, però, è anche centrale e fondamen- tale per il pastore che celebra la pasqua dell’agnello, delle erbe amare e dei sandali ai piedi. An- che il cittadino riconosce in quella tradizione soprattutto la storia del popolo. Ognuno ri- trova le altre tradizioni nel «pro- prio» testo e impara ad acco- glierle e rispettarle come affida- bili, autentiche. E capisce che non è semplicemente un met- tere insieme solo ciò che è co- mune, ma un unire e ampliare le tradizioni di ognuno. Ciascuno, quindi, non solo si ritrova a casa propria, ma anche insieme a dei compagni di casa che forse non immaginava di avere. UN’UNICA STORIA Chi parte dall’Egitto porta con sé un bottino (Es 12,34-36), quasi fosse un esercito vincitore. Ma questo esercito, che si rassegna a prendere la strada più lunga, Un cammino di libertà 34 agosto-settembre 2021 MC per non far scoraggiare nessuno di fronte ai pericoli (13,17-18), è composto da carri, vecchi, bam- bini, donne incinte, bestiame, e si ritrova in una marcia che non può che essere lenta e fragile. Gli Ebrei portano con sé le ossa di Giuseppe, per non lasciare nulla in Egitto: i ponti con la «casa di schiavitù» saranno ta- gliati in modo definitivo. E si guarda già avanti, alla celebra- zione del «memoriale»: non un semplice ricordo, ma la ragione delle proprie scelte in ogni tempo, anche oggi (Es 13), come due sposi che rivivano insieme la memoria di come si sono cono- sciuti sessanta anni prima. Il numero di coloro che abban- donano l’Egitto è fissato in sei- centomila uomini adulti (12,37), cifra assolutamente inverosimile, secondo alcuni raggiunta forse nel momento di massimo splen- dore dei regni di Israele. L’idea è che in quella schiera che fugge sono già raccolti tutti i futuri cre- denti, i quali infatti saranno chia- mati a riconoscersi nel Dio d’Israele rievocando quel «pas- saggio» fatto di fiducia in una pa- rola di promessa divina. Non è un caso che l’etimologia della parola «Pasqua», abba- stanza oscura, venga fatta risa- lire volentieri, dalla Bibbia e dalla tradizione ebraica, a «passag- gio». L’angelo della morte «passa» attraverso l’Egitto, «pas- sando oltre» le case degli ebrei, ma loro stessi sono chiamati a «passare fuori» dall’Egitto, deci- dendo, finalmente, di «passare» dalla parte di Dio. Non c’è nulla di statico, nulla di assicurato, è una vita in corso, fatta di pro- messe e fiducia. Dio, in cambio, sarà per loro co- lonna di nubi che guida durante il giorno, e colonna di fuoco che protegge dalle incognite del buio durante la notte (13,21-22). La storia non è finita, il popolo non è salvo. Ma ha preso una decisione. E, anche se questa verrà rimpianta e contestata, re- sta un primo passo deciso nella direzione della fiducia in Dio. Angelo Fracchia (Esodo 07 - continua)

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