Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2021
Qui: il presidente Roch Marc Christian Kaboré a una convention del suo partito, 26 novembre 2020. In basso a destra: il paese reale, una donna con la sua bici e il suo bimbo, in un villaggio del Nord del Burkina Faso. * * * 18 agosto-settembre 2021 MC sicurezza, perché nei pressi dei siti si installano persone giunte da ogni dove, anche dall’estero, e non si ha più il controllo di chi è presente sul territorio. Inoltre le nostre frontiere sono molto permeabili. In fondo penso ci sia una mancanza dei servizi d’infor- mazione oltre che una debo- lezza organizzativa. Durante la rivoluzione (sankari- sta, 1983-87, ndr ), chiunque arri- vasse in un villaggio doveva pre- sentarsi alle autorità e al Cdr lo- cale (Comitato di difesa della ri- voluzione), per essere registrato. Inoltre, un altro problema è che non abbiamo insegnato alla po- polazione a difendersi, così la gente scappa di fronte al ne- mico». Ma non dovrebbero essere l’esercito e la polizia a garan- tire la sicurezza dei cittadini? «È vero, ma in queste situazioni. quando il problema è troppo grande per l’esercito, penso che la popolazione debba sapersi di- fendere. Si tratta di autodifesa per supplire alle mancanze delle forze di sicurezza. In diversi casi di attacchi, l’esercito era a de- cine di chilometri, ed è potuto in- tervenire solo in un secondo tempo. Le nostre frontiere sono difficili da controllare con l’eser- cito che abbiamo. Ci sono pure soldati che si rifiutano di andare in zone remote. Forse c’è un problema a livello delle gerar- chie militari. Poi c’è la questione dei siti auri- feri. Se c’è una popolazione che si organizza per sfruttare l’oro, deve anche essere disponibile a impiegare dei soldi per la sicu- rezza, per proteggere il minerale estratto. In altri paesi succede così». Più in generale, come valuta la lotta al terrorismo da parte di questo governo? «Devo dire che non ci sono stati risultati, quindi c’è un fallimento da questo punto di vista. I servizi non funzionano, non si sa quando arriva il nemico. Dicono che si è fatto un negoziato, ma in verità non è cambiato nulla. Non si è ancora trovata la soluzione». Inoltre il terrorismo a livello internazionale sembra una scusa per una presenza straniera nel paese. «Il ricorso a forze straniere dimo- stra l’impotenza della nostra na- zione di affrontare il nemico. Penso che non si sia spiegata in modo adeguato l’importanza di questa lotta ai nostri giovani, perché vediamo dei burkinabè che criticano l’intervento stra- niero, ma essi stessi non fanno nulla. Non c’è in noi la coscienza che dobbiamo batterci e che, chi può, deve andare al fronte. Ci sono tanti, anche della società civile, che sono contro l’inter- vento militare, che trovano troppo violento, ma loro non si sporcano mai le mani. Non c’è una guerra con le mani pulite. Ci saranno altre situazioni difficili, queste persone sono molto vio- lente. Negli eventi di Solhan si vede la barbarie. E questo ti fa diventare barbaro, e ti fa chie- dere una giustizia punitiva imme- diata». L’INSURREZIONE Parlando dell’insurrezione del 2014 e poi di quella del 2015 contro il colpo di stato, cosa è rimasto del movimento popolare? «Nel 2014 c’è stata un’insurre- zione salutare, che ha visto la fuga di un uomo che non voleva più lasciare il potere, mentre la nostra Costituzione prevede che il capo di stato può stare 5 anni, rinnovabile una volta. Ma Blaise Compaoré voleva un rinnovo perpetuo. Le forze che hanno fatto l’insur- rezione erano dei vecchi amici del partito di Compaoré che si erano dimessi (alcuni mesi prima, ndr ) unendosi all’opposi- zione storica. Movimento che si era rafforzato con i giovani di Ouagadougou e di tutto il paese che si sono sollevati affinché ci fosse un rinnovamento. Però, quando si fa un’insurre- zione, e non c’è uno stato mag- BURKINA FASO © Olympia de Maismont /A F P " L’avvenire del Burkina Faso non è nelle miniere d’oro.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=