Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2021
macchine da cucito, che ven- gono utilizzate per insegnare il mestiere ai giovani del quartiere, e tra le gambe della gente. C’è chi, spaparanzato sulla poltrona, guarda un film sul televisore co- mune, chi lava i vestiti a mano. Per una decina di persone, Grl è diventata la propria casa. Patrick si mette a preparare la colazione a base di cipolla, po- modori, avocado e zenzero per tutti. Nel 2008, una volta finita l’università, aveva deciso di rag- giungere il fratello a Kwamokya per dargli una mano con lo stu- dio di registrazione e ne era di- ventato il manager. «Attraverso quel lavoro, sono entrato in con- tatto con moltissime persone del quartiere e ho capito, tramite loro, cosa vuol dire vivere nel ghetto. Non riuscivo a fare pranzo perché sapevo che loro non avevano mangiato. Tanti ra- gazzi rubavano i cellulari, mentre le ragazze si prostituivano per- ché avevano fame. Erano guidati dalla disperazione. I miei amici mi davano pochissimi soldi per registrare le canzoni, molti erano senza lavoro. Piano piano ho ca- pito che dovevo creare un posto dove poter connettere le idee e realizzare dei progetti per dare lavoro ai giovani. Così, mi sono messo a pensare, e nei rifiuti del ghetto ho visto la soluzione per dare il pranzo ai miei amici». IMPARARE SBAGLIANDO È il 2013 quando Patrick crea un gruppo con i ragazzi che fre- quentano lo studio di registra- zione. Sono in 24. L’obiettivo è quello di promuovere la propria musica e, allo stesso tempo, tro- vare delle soluzioni per risolvere i problemi dello slum , come la di- soccupazione giovanile e la de- gradazione ambientale, attra- verso l’idea che «si impara fa- cendo e sbagliando». Per sfamare i suoi amici, Patrick decide inizialmente di occuparsi di agricoltura urbana. Lui speri- menta e, se le tecniche funzio- nano, le trasmette ai ragazzi. «Raccoglievamo buste di pla- stica e vecchi sacchi. Li riempi- vamo di terra e vi coltivavamo piante o fiori. Per esempio, riem- pivamo di terra un sacco di 50 kg e lo bucavamo su tutta la lun- gehzza per infilarvi semi di ci- polle e pomodori. Facevano inol- tre in modo che l’acqua ba- gnasse anche le piante che cre- scevano in fondo». Patrick e il gruppo realizzano concime natu- rale con gli scarti vegetali, sa- poni naturali e sistemi di acqua ponica (un sistema di coltiva- zione in assenza di terreno, unito all’allevamento dei pesci). Ben presto, alcuni giornali locali si in- teressano a quelle attività alter- native che vengono portate avanti nel ghetto. Grazie alla visibilità ricevuta, il gruppo partecipa a delle esibi- zioni artistiche ed esegue la pia- nificazione dei giardini urbani per alcuni privati. Ma l’indipen- denza economica è ancora lon- tana perché le entrate non sono stabili. Nel frattempo, Patrick organizza anche giornate di pulizia del ghetto. «All’inizio raccoglievamo la plastica e la bruciavamo per- ché, all’epoca, non avevamo al- tre idee. Ci mettevamo a bordo strada con le casse e i microfoni e raccontavamo alle persone che passavano quello che sta- vamo facendo. Ma poi ho capito che bruciare la plastica impat- tava lo strato d’ozono. Dove- vamo trovarne un uso alternativo intelligente». * UGANDA 12 agosto-settembre 2021 MC
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