Missioni Consolata - Luglio 2021

69 MC R MC un «socialismo dal volto umano», a cui molti guarda- vano con simpatia. Eravamo in molti - tra i giovani - a sognare e ad aspirare a un socia- lismo senza apparati centrali, che fosse veramente democratico e che ammettesse un onesto senso critico. Per un giovane stu- dente di filosofia come me, ap- pena ventenne, questa era una speranza che riempiva il cuore e dava senso al futuro. I sovietici, però, infransero questo sogno col rumore as- sordante dei loro cingolati. Se non ricordo male, una setti- mana prima dell’invasione, Bre ž nev da Mosca aveva telefo- nato a Dub č ek e, dopo vari rim- proveri per la mancanza di deci- sione del capo cecoslovacco nel reprimere le libertà che i pra- ghesi si stavano prendendo verso il Pcus (Partito comunista dell’Unione Sovietica) e l’Urss (con grave danno per la tenuta del Patto di Varsavia), lo aveva minacciato dicendo: «Se non in- terverrete voi, lo faremo noi!». Dub č ek aveva risposto che non gli risultavano attacchi all’Unione Sovietica, ma Bre ž nev lo aveva zittito: «Come puoi dire una cosa del genere, quando tutti i giornali ogni giorno pubblicano articoli antisovietici e antipartito comuni- sta?». Forse Dub č ek - che sicuramente aveva percepito la serietà del- l’avvertimento, se non altro per- ché Bre ž nev ogni tanto in tono fraterno gli si rivolgeva con «caro Sa š a» - aveva pensato di avere tempo, ma non ne ebbe. Una set- timana dopo, il 20 agosto 1968, i carri armati sovietici entrarono a Praga. Nelle settimane seguenti il dibat- tito prese toni spesso pessimisti, oppure attendisti se non opportu- nisti. Ma non tutti accettavano la nuova situazione. Non io e alcuni miei compagni che ci sentivamo abbandonati dal resto del mondo a una lenta agonia. Fu così che decidemmo di sfidare il potere e la morte auto-immolandoci con il fuoco. Eravamo cinque studenti universitari, e per sorte a me toccò di inaugurare il rito. Il vostro gesto estremo si ispirava al bonzo vietnamita Thích Quang Duc che l’11 giugno 1963 si era dato fuoco a Saigon per protesta verso il presidente del Viet- nam del Sud, il Ngô Dình Diêm, e la sua politica ostile alla filosofia buddhista. Forse. Però, l’esempio d’immola- zione attraverso il fuoco venne a noi da più vicino, sia nel tempo che nello spazio: l’8 settembre 1968 Ryszard Siwiec, impiegato polacco di 59 anni, si era dato fuoco nello stadio di Varsavia per protesta contro la partecipazione delle truppe polacche all’occupa- zione della Cecoslovacchia. Il 5 novembre 1968 anche il dissi- dente ucraino Vasyl Makuch si cosparse di benzina e s’immolò in una delle strade principali di Kiev, contestando l’azione dei sovietici nel suo paese e in Ceco- slovacchia. Il tuo gesto era già forte in se stesso, ma hai anche lasciato uno scritto per spiegare la tua scelta. Certamente. Ho lasciato nel mio zaino una lettera in cui spiegavo: «Poiché i nostri popoli sono sul- l’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del po- polo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Dato che ho avuto l’onore di estrarre il nu- mero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi vogliamo l’abo- lizione della censura e la proibi- zione di “Zpravy” (il notiziario delle forze d’occupazione sovie- tiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno scio- pero generale e illimitato, il 21 gennaio una nuova torcia s’in- fiammerà». © primavera-di-praga-milan-kundera.webp

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