Missioni Consolata - Luglio 2021

possibile se non trova resistenze istituzionali, contrasto, sanzioni, giudizio pubblico. Nel lavoro pubblico, al centro deve esservi sempre la protezione della di- gnità delle persone, libere o de- tenute che siano. COLPA E VERGOGNA Per l’azione pubblica, l’uomo deve essere sempre un fine, mai un mezzo. La tortura è un cri- mine contro la dignità di una per- sona che viene ridotta a cosa, producendo in lei vergogna e fi- nanche senso di colpa. La vergogna nasce sempre all’in- terno di una relazione interper- sonale, quando l’altro s’impos- sessa dell’io e lo degrada a og- getto. Il senso di colpa, a sua volta, può nascere nella vergo- gna. La colpa, infatti, non è solo quella criminale provocata dalla trasgressione, è anche quella politica, quella morale, metafi- sica o collettiva. Scrive Karl Ja- spers che è una colpa anche il fatto di essere ancora vivi dopo Auschwitz. Anche i sopravvissuti, con il loro carico di dolore, A MC 29 luglio 2021 MC Diritti umani | Tortura | Carceri | Giustizia Amnesty Finland / flickr.com litto di tortura nel codice penale. Queste azioni giudiziarie ci rassi- curano, perché mostrano uno stato che non si lascia plagiare dallo spirito di corpo, e non ri- nuncia a indagare dentro le pro- prie istituzioni. È lo spirito di corpo, infatti, il ne- mico numero uno per chi vuole reprimere la tortura. Esso è come una cortina fumogena che annebbia la vista degli investiga- tori. Solo se viene rotto dall’in- terno, com’è accaduto nel pro- cesso Cucchi, c’è la possibilità di avvicinare la verità giudiziaria alla verità storica. La lotta alla tortura richiede, oltre alla previsione di un reato, anche un’amministrazione dello stato disposta a sanzionare. Richiede anche forze di polizia il cui la- voro non si ispiri al machismo, ma alla prevenzione sociale. Richiede anche la dismissione di squadre e corpi speciali. La tortura non è mai una que- stione di mele marce: si insinua là dove trova spazio e terreno fertile, là dove il sistema con- sente che alberghi. La tortura è fronta tutti insieme: direttore, po- liziotti, educatori, mediatori, psi- cologi, medici. Fuori dal carcere ugualmente. Si pensi alla neutra- lizzazione di una crisi di una per- sona che presenta disturbi psi- chiatrici: essa non può essere af- fidata ai soli poliziotti, alle loro armi, alle loro pistole con scari- che elettriche. Dunque la formazione deve es- sere coordinata e integrata, deve riguardare insieme assi- stenti sociali, educatori, perso- nale in divisa. E deve riguardare anche i medici. Nelle ultime in- chieste per violenze, abusi e tor- tura nei confronti di detenuti, il ruolo dei medici, seppur grega- rio, è emerso drammaticamente. Qua e là ci sono incriminazioni per non avere certificato le le- sioni viste, per non avere visitato la persona che ne aveva diritto; per negligenza, complicità, sog- gezione all’apparato securitario. Il ruolo dei medici è emerso in tutta la sua tragicità nelle vio- lenze avvenute nei confronti dei detenuti delle carceri italiane dopo le rivolte del marzo 2020, in piena pandemia. Il medico è un avamposto contro le tentazioni di violenza, e deve rispondere al proprio codice deontologico prima che allo spi- rito di corpo dei custodi. LO SPIRITO DI CORPO Fortunatamente, diverse inchie- ste stanno andando avanti da quando è stato introdotto il de-

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