Missioni Consolata - Luglio 2021

Qui: un’immagine delle giornate del G8 di Genova. Luglio 2001. A destra: la campagna contro la tortura di Amnesty International. * * 1984 che, all’articolo 1, definiva il crimine e, agli articoli successivi, impegnava tutti i paesi firmatari a punirlo. FINALMENTE È REATO In Italia la tortura divenne reato solo nel 2017, dopo le condanne del nostro paese da parte della Cedu (Corte europea dei diritti umani) nei casi Cestaro e Asti. Era il 18 luglio del 2017 quando fu pubblicata nella Gazzetta Uffi- ciale la legge che finalmente in- troduceva nel codice penale, all’articolo 613-bis, il delitto di tortura. Era una legge scritta male perché definiva il crimine di tortura in modo non del tutto so- vrapponibile con quanto previsto dall’articolo 1 della Convenzione Onu del 1984, ma sappiamo - grazie a Voltaire - che il meglio è nemico del bene. Fu perciò ra- gionevole giungere comunque alla sua approvazione contro l’opposizione della destra, da sempre preoccupata di non porre limiti all’azione delle forze di polizia, e anche contro coloro che, senza sguardo strategico, avrebbero preferito non avere nessun reato di tortura piuttosto che quello oggi codificato. Oggi, in Italia, la tortura è reato, e ci sono le prime condanne per fatti avvenuti negli istituti penali di Ferrara e San Gimignano. Altri procedimenti penali per tor- tura nelle carceri sono in corso. Dunque, ora nei tribunali pos- del personale di polizia, dentro e fuori le carceri. Basterebbe una parola dei vertici affinché possa essere conseguito un risultato. Non ci sarebbe neanche biso- gno di una legge, basterebbe un diverso modello organizzativo. Un altro tema è la costituzione di un fondo per le vittime di tortura. È questa una richiesta che arriva direttamente dalle Nazioni Unite, ma non ve n’è traccia nel nostro ordinamento. FORMARE GLI OPERATORI Ai fini della prevenzione della tortura, un’attenzione più signifi- cativa dovrebbe essere rivolta alla formazione degli operatori di polizia e, guardando alle carceri, dello staff penitenziario. Per un personale che non di rado opera in condizioni difficili, infatti, la for- mazione dovrebbe prevedere, oltre alla teoria, anche la pratica utile per la gestione non violenta dei casi complessi. È necessario che la formazione sia multidisciplinare e coinvolga operatori non solo di polizia: in carcere un caso difficile si af- * 28 luglio 2021 MC siamo formulare un nome tragico che, fino al 2017, era impossibile e vietato pronunciare. Si poteva parlare di abusi, maltrattamenti, lesioni, ma non di tortura. UNA LOTTA CULTURALE È importante, ora, che tutti gli at- tori del sistema della sicurezza, compreso quello penitenziario, facciano convergere le loro forze intorno alla repressione e alla prevenzione della tortura. La cri- minalizzazione della tortura, in- fatti, va a beneficio anche degli operatori della sicurezza che si muovono nel solco della legalità. Nessuno era così ingenuo da pensare che una volta ottenuta la legge, buona o brutta che fosse, la tortura sarebbe stata bandita di punto in bianco dalle nostre prigioni, caserme, centri per migranti, e dalle strade. Il fatto che la tortura sia un reato, è una condizione necessaria ma non sufficiente per la sua pre- venzione e per la punizione di chi commette tali atti. È fondamentale che vi sia una ri- voluzione che metta al centro la persona e la sua dignità. Speriamo che tutte le forze dell’ordine se ne rendano conto e diano un segnale culturale in questa direzione, ad esempio rendendosi disponibili a com- piere un percorso di preven- zione concreta della tortura. Un tema rimasto irrisolto, ad esem- pio, è quello dell’identificazione Jeanne Menjoulet / flickr.com ITALIA " Fino al 2017, nei tribunali, si poteva parlare di abusi, mal- trattamenti, lesioni, ma non di tortura.

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