Missioni Consolata - Luglio 2021

© Casa del Migrante, Tijuana luglio 2021 MC 18 passa parola, anche all’interno degli stessi centri di accoglienza, dove a volte riescono a entrare fingendosi dei migranti biso- gnosi, per reclutare persone pro- mettendo passaggi sicuri di sola andata per gli Stati Uniti. I coyo- tes, chiamati anche polleros , sono dei moderni Caronte: tra- ghettano le «anime» per denaro. Non solo per attraversare il con- fine Nord, ma per l’intera rotta migratoria che incomincia a Ta- pachula, nello stato del Chiapas, al confine con il Guatemala. La rotta dei migranti costituisce uno dei business più proficui per la criminalità locale. A spiegarmi come funziona il la- voro dei coyotes è Gerson, che mi mostra i messaggi con cui si accordava sul pagamento: una parte viene pagata in anticipo e la seconda una volta arrivati sull’altro lato. Come prova della presunta affidabilità vengono mandati dei video di chi è riu- scito a farcela. Anche loro, qual- che mese prima, con un piccolo gommone di fortuna, hanno at- traversato il Rio Grande riu- scendo a entrare nello stato del Texas, per poi essere respinti dalla polizia di frontiera . Dopo l’elezione del nuovo presidente Joe Biden, fiduciosi in un repen- tino cambio di politiche migrato- rie, Gerson e Doris hanno riten- tato. Questa volta via terra, senza paura di sfidare l’area de- sertica che separa il confine. An- che il secondo tentativo della fa- miglia è però fallito. Così, tornati alla Casa del migrante, hanno aspettato e sperato. All’inizio di marzo 2021, dagli Stati Uniti la loro richiesta di asilo è stata sbloccata e, finalmente, in aprile hanno avuto la possibilità di rag- giungere dei familiari in Minne- sota. Qui ha avuto inizio la loro nuova vita. STORIA DI MOSES A tutt’oggi (almeno fino al 21 giu- gno 2021, ndr ), il confine rimane chiuso. È da marzo 2020 che, in nome della sicurezza nazionale, non è più possibile entrare negli Stati Uniti. Inoltre, l’amministra- zione Trump aveva strumentaliz- zato l’emergenza sanitaria per sospendere le richieste di asilo in corso, ma un cambio di rotta si sta avvertendo con la presidenza di Joe Biden. La storia di Moses, forse più di al- tre, rappresenta la concretizza- zione del sogno americano e della speranza di chi non ha mai perso la fede nel ritorno a politiche mi- gratorie più umane. Il giorno dei ri- sultati delle elezioni americane (a novembre 2020), tra lo scettici- smo generale, era l’unico che sal- tava di gioia e mostrava orgo- glioso la foto sul cellulare del neoeletto presidente Joe Biden e della sua vice Kamala Harris. Mo- ses è un ragazzo di 32 anni origi- nario del Ghana, unico ospite afri- cano della Casa dove è rimasto per sei mesi. Era uno dei pochis- simi che non parlava spagnolo e non aveva interesse a impararlo: dopo il lavoro preferiva leggere gli ultimi articoli sulla situazione poli- tica e la legislazione americana in materia d’immigrazione. Ha la- sciato il suo paese e suo figlio per inseguire il suo american dream e poter raggiungere il fratello nel Minnesota. Per lui gli Stati Uniti «sono un paese dalle illimitate possibilità sotto tutti gli aspetti della vita». Lo dice chiaramente: non è scappato perché il Ghana non sia un paese sicuro, ma per- ché vuole utilizzare i suoi studi in marketing, crescere a livello pro- fessionale e mandare i soldi alla famiglia. Nel 2017, con un biglietto aereo di sola andata, è arrivato a San Paolo in Brasile, dove ha lavo- rato per una compagnia per due anni. Ha poi intrapreso il lungo viaggio che lo ha portato fino a Tijuana. Moses ha seguito la rotta «tradizionale»: con un pullman è entrato in Nicaragua, poi in Guate- mala tramite un coyote, una volta giunto a Tapachula, in Messico, è stato ospitato in un centro di ac- coglienza. L’attesa dei documenti per poter rimanere nel paese si è prolungata, ma senza demordere Moses è rimasto sei mesi nella città di frontiera del Sud per poi volare fino a Tijuana. Ci tiene a ri- petere che non è stato facile, che ha studiato le leggi, che ha pre- gato e, soprattutto, che è stato perseverante. Uscito dalla Casa, il 27 gennaio 2021 con altri migranti USA-MESSICO * I l newyorkese padre Pat Murphy è direttore della Casa del migrante di Tijuana dal 2013. «La mag- gioranza delle persone arriva dal Sud del Messico e dal- l’Honduras. Con un deside- rio in comune: scappare dalla violenza e dalla po- vertà». Da tempo, sul fenomeno mi- gratorio ha messo le mani la criminalità. «Sì - conferma padre Murphy -, perché que- sto è veramente un grosso affare. Il governo messicano non controlla e la corruzione è dilagante. Tutto ruota at- torno al denaro». Gli chie- diamo se, come missionari scalabriniani, collaborano con altri. «Naturalmente. Noi collaboriamo con la Chiesa locale e le altre chiese, anche se non tutti ca- piscono pienamente la sfida dell’emigrazione». Una sfida che, invece, è stata colta dal nuovo presidente statuni- tense. «Ma è presto per dire se con Biden la situazione sia cambiata. Noi però siamo pieni di speranza che le cose miglioreranno». «Da anni io ripeto che la so- luzione è molto semplice. Abbiamo necessità di siste- mare le cose nei paesi di provenienza dei migranti af- finché essi non abbiano ne- cessità di emigrare. In altri termini, se si riuscirà a mi- gliorare la vita al Sud, le per- sone non lasceranno le loro case». Pa.Mo. Padre Pat Murphy La soluzione? Una vita migliore

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