Missioni Consolata - Luglio 2021
E questo, come dicevi tu, è il clima generale del Medio Oriente. Non si va verso una cit- tadinanza che precede le appar- tenenze settarie e identitarie, ma sono le appartenenze settarie e identitarie che divengono i ca- nali attraverso i quali passa il concetto di cittadinanza. Pur- troppo, questo non è un buon segnale per il futuro». ARABI ED EBREI Cittadinanza che, all’interno dello stesso stato di Israele, viene messa in discussione per gli israeliani di etnia araba e questo è forse uno degli ele- menti nuovi che sembra aver elevato la tensione tra Israele e il mondo arabo: l’attrito in- terno tra arabi israeliani ed ebrei israeliani. Su questo punto in particolare, quanto reale è il rischio di una guerra civile, specialmente dopo che, il 19 luglio 2018, il parlamento israeliano ha adottato una legge che definisce Israele «stato-nazione del popolo ebraico»? «Se è fuori discussione che gli arabo-israeliani vivono in condi- zioni decisamente migliori ri- spetto a qualsiasi altra entità sia in Palestina, che negli altri paesi mediorientali, è anche vero che queste comunità hanno un grosso problema di identità. Un problema che si trascina da molto tempo e che è diventato evidente innanzitutto con la legge basica di tre anni fa, la quale definisce lo stato ebraico senza alcuna menzione della mi- noranza non ebraica. Va poi detto che, in questi ultimi anni, abbiamo assistito a una mag- giore polarizzazione della poli- tica israeliana spostata sempre più a destra e sempre più anta- gonista verso il mondo arabo. Un antagonismo che si esplica an- che con un linguaggio spesso violento e sprezzante che ha ap- profondito il solco tra le due parti. C’è da dire che forse non ci eravamo resi conto di quanto fosse profondo». NETANYAHU E LA DESTRA In questo spostamento della politica israeliana verso destra e nello scavare in profondità questo solco tra arabi e israe- liani, Netanyahu ha giocato un ruolo preponderante. È il vero responsabile dell’attuale situa- zione e tre delle quattro guerre con Hamas sono scoppiate du- rante i suoi mandati. È anche vero che gli israeliani negli ul- timi undici anni sono andati sette volte alle urne e ogni volta hanno scelto Netanyahu. «Netanyahu si sposta sempre più a destra e questo è evidente. dall’esterno), oramai questa di- chiarazione d’intenti ha perso credibilità. A me sembra che nessuno abbia intenzione di trovare una via al dialogo. «Parlare di dialogo, adesso e qui, è soltanto uno slogan. Perché ci sia dialogo debbono, in primo luogo, sussistere delle condizioni su cui fondarlo. Il dialogo, innan- zitutto, presuppone che ci sia un desiderio di incontro e scambio che significa volontà di ricono- scere l’altro o, per lo meno, di ascoltare le sue ragioni » . E evidentemente non c’è né l’uno né l’altro. «No, non c’è. Si sta andando verso la colonizzazione politica e - ahimè - anche religiosa, perché le due cose si mischiano. I pale- stinesi in questo conflitto non gridavano “Palestine”, ma “al- Aqsa” (nome della moschea della vecchia Gerusalemme, ndr ). È vero che al-Aqsa è anche il simbolo della Palestina libera, ma il cambio di slogan è simbo- lico di come stia cambiando il clima. A 11 luglio 2021 MC Qui: una mappa della terra contesa tra Israele e Palestina, quest’ultima attualmente divisa tra Cisgiordania e Striscia di Gaza. A sinistra: il francescano Pierbattista Pizzaballa, massima autorità catto- lica in Terrasanta. * " «Il dialogo presuppone che ci sia un desiderio dello stesso». MC
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