Missioni Consolata - Giugno 2021
P atriota e scrittore piemontese conosciuto soprattutto per il suo libro «Le mie prigioni», pubblicato nel 1832, che contiene le sue memorie di dieci anni di carcere duro prima a Venezia e poi nel carcere dello Spielberg nella Repubblica Ceca (al- lora territorio dell’Impero austroungarico). Identificato spesso nella memoria collettiva come «carbonaro», cioè come attivista per l’unità d’Italia contro ogni dominio straniero, Silvio Pellico in realtà fu molto di più: scrittore, drammaturgo, educatore e soprattutto un cristiano profondamente convinto e impegnato nel sociale. Nato il 25 giugno 1789 a Saluzzo, nella provincia di Cuneo, dal piemontese Onorato Pellico e dalla savoiarda Margherita Tournier, aveva due fratelli e due sorelle. Tutti, fin dalla più tenera età, ricevet- tero una robusta educazione cattolica a opera della mamma. Suo fratello Francesco diventò in seguito un gesuita, mentre le sue sorelle presero i voti. Il primogenito, Luigi, fu molto impegnato nella politica. Il padre era un commerciante di spezie con alterne fortune, che aveva aperto un negozio a Pinerolo e poi, fallito, si era trasferito a Torino. La prima educazione di Silvio avvenne tra queste due città, ma la difficile situazione della famiglia lo costrinse a interrompere gli studi e fu mandato in Francia, a Lione, presso un parente per imparare da lui il mestiere del commerciante. L’esperienza francese gli fece capire che non era tagliato per il commercio. Si appassionò invece di lingue, di studi classici e degli autori italiani allora emergenti, come Ugo Foscolo e Vittorio Alfieri. L’atmosfera post Rivoluzione francese e l’euforia dei nuovi tempi napoleonici, gli fecero mettere in secondo piano la sua formazione cristiana. Quando il padre finalmente trovò un lavoro stabile a Milano, come impiegato del ministero della guerra del Regno d’Italia voluto nel 1805 da Napoleone, nel 1809 lasciò la Francia e si stabilì in quella città diventando insegnante di francese nel collegio militare. Entusiasta di letteratura, frequentò i circoli letterari della città e di- ventò amico di Ugo Foscolo, che già ammirava, e altri letterati. Affa- scinato dalle tragedie, cominciò lui stesso a scriverne alcune. La sua seconda, Francesca da Rimini , ispirata a Dante, fu rappresentata il 18 agosto 1815 ed ebbe grande e inaspettato successo, e durò poi ap- plauditissima sulle scene per oltre mezzo secolo. Nel frattempo, il Regno d’Italia era caduto insieme a Napoleone nel 1814 e la Lombardia era tornata sotto il dominio dell’Austria. 62. Silvio Pellico, cristiano e patriota la rubrica di Mario Bandera MC R 4 chiacchiere con ... INTERVISTE IMPOSSIBILI CON «I PERDENTI» 72 giugno 2021 MC Archivio Storico della Città di Torino Chi opera per sincera coscienza può errare, ma è puro innanzi a Dio. "
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