Missioni Consolata - Giugno 2021
Troviamo però altissimi numeri anche in relazione alla creazione e gestione di zone cosiddette «protette», come parchi nazionali o riserve (si veda il dossier sui parchi in India di Eleonora Fa- nari, La vita non vale un parco , MC maggio 2019). Queste aree sono infatti spesso abitate da popolazioni indigene o da altre comunità tradizionali, a volte no- madi o seminomadi. Alla desi- gnazione di un territorio come «zona protetta», i governi e le autorità del parco spesso co- stringono le popolazioni autoc- tone ad allontanarsi o proibi- scono loro l’ingresso nel territo- rio, senza offrire alternative. Il conflitto, in questi casi, sorge dal fatto che le comunità per- dono la loro fonte di vita, oltre al territorio che costituisce la loro identità e con il quale hanno convissuto per generazioni. La marginalizzazione che nor- malmente soffrono, tiene lontani dai riflettori della stampa e dagli interessi politici i crimini perpe- trati nei loro confronti. OMICIDI, MA NON SOLO Capita che i crimini più violenti attraggano l’attenzione media- tica o catalizzino l’indignazione della comunità internazionale. Normalmente succede in modo temporaneo. Tuttavia questi cri- mini sono solo la punta dell’ice- berg di una realtà complessa. Spesso gli assassinii sono prece- duti da giorni, mesi o anni di mi- nacce e intimidazioni di diversa natura, e da criminalizzazione della protesta con accuse infon- date per screditare la credibilità e l’onore delle persone colpite. Se sommiamo ai casi di omicidi, quelli di violenza fisica, la per- centuale sale al 18%. Se aggiun- giamo anche le varie forme di criminalizzazione, al 20%. Se però guardiamo ai dati in forma disaggregata, e mettiamo a confronto quelli che si riferi- scono a territori abitati da popo- lazioni indigene con gli altri terri- tori, notiamo che i primi soffrono tassi di violenza più alti fino al doppio. Questo è ulteriore indi- catore di una discriminazione storica e della mancanza di strut- ture di tutela e di sistemi di giu- stizia adeguati, di trasparenza e d’informazione. È probabilmente indicatore anche del fatto che i popoli indigeni oggi abitano le zone del pianeta con più risorse naturali e più biodiversità, per- ché hanno saputo tutelarle e farle rigenerare. RESISTENZA NONVIOLENTA I dati mostrano anche un’altra cosa importante: i processi di re- sistenza possono avere suc- cesso, fermare le attività distrut- tive e arrivare ad avere giustizia. È da notare che, con pochissime eccezioni, la totalità delle azioni concordate e pianificate da col- lettivi e movimenti sociali sono di natura nonviolenta: petizioni for- mali, campagne di sensibilizza- zione pubblica, creazione di reti di supporto a livello locale, ma anche regionale o internazio- nale, azioni sul piano legale e, non meno importante, un lavoro di raccolta di saperi locali e di dati di prima mano da parte delle comunità direttamente interes- sate. Quest’ultimo si dimostra un fattore chiave nel momento in cui si fa necessario contrastare le informazioni impacchettate e imbellettate delle imprese o dei governi che negano spesso i po- tenziali impatti, o lodano progetti * MONDO 54 giugno 2021 MC Kyla Duhamel / lickr com Véala/Agencia Prensa Rural / lickr com " Il conflitto sorge dal fatto che le comunità perdono la loro fonte di vita, oltre al territorio che costituisce la loro identità.
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