Missioni Consolata - Maggio 2021

Andare a vivere in cohousing non significa risparmiare sul co- sto della casa: «I prezzi delle abi- tazioni rimangono spesso quelle di mercato», conferma la fonda- trice di HousingLab. Ma il guada- gno è, appunto, nelle relazioni profonde che si instaurano fra i membri del gruppo. I primi modelli di abitazioni con- divise nascono nell’Europa del Nord e in quella centrale, dalla Danimarca fino a Vienna, e an- cora oggi è là che ci sono le esperienze più solide. Ma anche in Italia, soprattutto sull’asse Mi- lano e Torino ma anche in Emilia Romagna, Toscana e nella città di Trento, se ne trovano molte. Ecco qualche nome: attorno al capoluogo lombardo si trovano Base Gaia, Urban village Bovisa, Cenni di cambiamento, Cohou- sing Terracielo, mentre a Torino il Cohousing Numero Zero, Abi- tare la fabbrica, il Condominio solidale Casa di via Gessy e la rete di Coabitazioni giovanili soli- dali. Spesso, come accade nel caso di Uno e sette, la realtà soli- dale sceglie di riservare spazi per accogliere persone in situa- zione di disagio: in questi casi, se nel progetto di accoglienza è coinvolta la Pubblica amministra- zione o una Fondazione di co- munità, l’azione portata avanti dal cohousing rientra in quello che viene chiamato housing so- ciale (tra le fondazioni più attive a livello nazionale c’è proprio la Fondazione housing sociale). DENTRO GLI ECOVILLAGGI Uscendo dai centri abitati si apre il mondo degli ecovillaggi, realtà dinamiche dalle mille sfaccetta- ture spesso immerse nella na- tura o in piccoli borghi recuperati nei quali si mette in atto una «rialfabetizzazione» delle rela- zioni, una condivisione di potere, spazi e decisioni che affascinano anche molti giovani. Da qualche tempo c’è una pro- posta di legge sulle «comunità intenzionali» che vorrebbe dare un riconoscimento più formale a tale modo di vivere. A fare da collettore di espe- rienze in questo caso è la storica Rive (www.ecovillaggi.it ), di cui Francesca Guidotti è stata per anni presidente, ancora oggi uno dei maggiori punti di riferimento a livello nazionale: «Per spiegare gli ecovillaggi parto sempre da una metafora: la vita comunitaria è come un vestito, i cui colori e forme vengono scelti da chi lo indossa, ovvero dalle persone che vivono la comunità. Quindi ogni ecovillaggio è unico, è come la vita di una persona: dall’infanzia in cui si inizia, alla gioventù in cui si esplora la nuova modalità di vita, alla fase adulta dove l’identità diventa ben radicata». Guidotti ha 35 anni, è diventata madre da poco, ed è autrice del libro guida «Ecovillaggi e Cohou- sing», Terra Nuova edizioni). Ha iniziato a occuparsi di questi temi più di un decennio fa, du- rante la tesi in antropologia cul- turale, e oggi si occupa di forma- zione per team di realtà collabo- rative con l’ente Campus del cambiamento, oltre a essere por- tavoce della Rete di reti (www.re- tedireti.org) , struttura leggera nella quale convergono gruppi informali e associazioni di ecolo- gia ed economia solidale, e in cui rientra a pieno titolo il coabi- * 54 maggio 2021 MC tare. «Confermo che il fenomeno del vivere assieme è in espan- sione, e il coronavirus ha dato ul- teriore spinta a cercare forme di relazioni alternative, in cui si ge- nera benessere sociale per una vita a minore impatto sull’am- biente con uno stile di vita soli- dale», continua Guidotti, che ha cofondato l’ecovillaggio La Torre di Mezzo, in Toscana. Nel caso dei villaggi ecologici l’asse por- tante si sposta dal Nord verso il Centro Italia: Torri Superiore vi- cino a Ventimiglia, Bagnaia nei pressi di Siena, Tempo di Vivere e Lumen a Piacenza, Alvador a Reggio Emilia, La città della Luce ad Ancona sono alcuni dei nomi da conoscere per capire. SI PUÒ FARE Entrando nelle case e cono- scendo chi vive realtà di coabita- zione, una cosa risulta chiara: è una scelta che si può fare, alla portata di gran parte di noi. Biso- gna volerlo, certo. «La base è ac- corgersi dell’altro. Ancora di più in tempi di costrizione come quelli attuali», riflette Nicholas Bawtree. «Ognuno di noi può es- sere una risposta a un bisogno altrui, dobbiamo andare in profondità nel “deep web” del- l’essere umano per vedere l’altro non come entità minacciosa, ma come risorsa per stare meglio noi stessi». Con un consiglio fi- nale. «Diciamo più spesso buon- giorno e buonasera a chi incon- triamo in strada, soprattutto ora che abbiamo le mascherine: sciogliamo la tensione salutan- doci, è davvero un toccasana». Anche questo è un approccio comunitario alla vita. Daniele Biella ITALIA Qui: il gruppo del cohousing Uno e sette, che ha preso il via di recente. * © Af Uno e sette

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