Missioni Consolata - Maggio 2021
45 Una parentesi tranquilla alle società di mutuo soccorso; alle cooperative di risparmio, alle casse popolari, ai sindacati di lavoratori cristiani», spiega Martí. «E anche se l’educazione del mio paese è assolutamente laica, storicamente, le scuole delle congregazioni gesuite e domenicane sono state fondamentali, molti presidenti passarono da quelle aule», af- ferma lo storico. Politicamente, non vi è un partito cattolico di ri- ferimento, vi sono settori cattolici nei partiti tra- dizionali, nel partito conservatore blanco soprattutto. Ma anche tra i colorados e il Frente amplio , nato nel 1971 grazie al contributo della Democrazia cristiana e della gioventù cattolica di sinistra. E anche tra i guerriglieri tupamaro c’erano cattolici. Durante la dittatura, la Chiesa divenne uno spa- zio di militanza e mobilitazione sociale contro il regime, grazie all’impegno del clero e dei fedeli. A differenza dell’Argentina, qui le gerarchie non supportarono i militari: l’arcivescovo Carlos Par- teli di Montevideo fu - discreto ma inarrestabile - una spina nel fianco della dittatura. Marcelo Mendiharat, vescovo della diocesi di Salto, fu perseguitato e se ne andò in Argentina, altri sa- cerdoti furono perseguitati come oppositori alla dittatura. Le parrocchie aprirono le porte agli in- contri politici, in un’epoca in cui sindacati e par- titi erano vietati. Fu in quei saloni che crebbe una parte della classe dirigente del Frente am- plio. «Un quarto dei deputati del Fa sono cri- stiani, alcuni cattolici altri evangelici. Si riconoscono come militanti cristiani. Javier Mi- La separazione chiesa- stato è in atto da tempo. randa, presidente del Fa, figlio di un comunista desaparecido , è cresciuto in un collegio gesuita e spesso afferma che la sua militanza si deve alla sua formazione religiosa», spiega Martí. «Durante i cacerolazos contro la dittatura, le chiese facevano suonare le campane a sostegno della protesta. Nel 1983, nel salone della chiesa Los Capuchinos San Antonio y Santa Clara, nel centro di Montevideo, si tenne uno sciopero della fame per la scarcerazione di Adolfo Was- sen, dirigente tupamaro affetto da un cancro mortale, perché potesse passare in casa gli ultimi giorni della battaglia contro la malattia», mi rac- conta Martin, maestro di yoga e cattolico. Pro o contro Francesco Il rinnovamento della Chiesa con il Concilio Vati- cano II (1962-1965) trovò terreno fertile in Uru- guay, dove già da inizio Novecento si anticipavano alcune delle conclusioni del Conci- lio, in particolare l’idea di una «Chiesa vicina ai bisognosi e lontana dal potere». Spiega Martì: «Negli anni Sessanta, la gioventù cattolica, l’Azione Cattolica in particolare, era molto attiva nel sociale ed era molto progressista, il Concilio formalizzò questo impegno». E, all’epoca, non mancavano i preti operai «come il mio, nel quar- tiere la Blanqueda, che lavorava in fabbrica per- ché non voleva essere mantenuto dalla Chiesa», ricorda Martin. Quella che si conosce come teologia della libera- zione, in Uruguay ha diversi esponenti, tutt’ora in gran forza. E genera diffidenza verso chi, come Eduardo Murias, vive la fede in maniera diversa. Un punto di dissidio tra i fedeli è la figura di Francesco. Il papa argentino qui divide: «A volte lo chiamo Bergoglio, non Francesco, mi viene difficile riconoscerlo come papa. Non lo critico, ma le sue posizioni teologiche mi generano con- “ © Mauricio Zina
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