Missioni Consolata - Maggio 2021

granti: una parte in un campo tendato nella periferia di Las Pal- mas, capitale di Gran Canaria, e l’altra, dopo una lunga trattativa con gli albergatori dell’isola, nelle stanze solitamente occu- pate dai turisti europei, ma ora vuote a causa del Covid-19. INCONTRI Il giorno del mio arrivo nella ca- pitale Las Palmas, incontro Ka- mal, un ragazzo marocchino ospite nella Fabrica, un hotel ge- stito da Cruz Blanca , che ospita circa 150 migranti. Ha 28 anni e un figlio che vive con la nonna a Safi, la citta marocchina da cui proviene, affacciata all’Oceano Atlantico. Per imbarcarsi è sceso fino a Dakhla, una località nel Sud del Marocco. In tutto ha viaggiato per sette giorni. questa sorta di campo gestito dalla Cruz Roja , la Croce Rossa spagnola, per circa 15 giorni. Il Covid-19 per loro non conta, si è scelto di non far rispettare le distanze di sicurezza. Giornalisti e fotografi sono stati tenuti alla larga, con le buone o le cattive maniere, ufficialmente per pro- teggere la privacy dei migranti. In realtà, per tentare di occultare le pessime condizioni dei campi e il mancato rispetto delle regole sul diritto internazionale. La popolazione locale si è divisa su questo tema: alcuni porta- vano aiuti alimentari, altri invei- vano contro i ragazzi. Ci sono state manifestazioni pro e con- tro, come sulla vicina isola di Te- nerife. Dopo due settimane, le autorità hanno finalmente trasferito i mi- Mi dice che la vita nel suo paese è impossibile. Non si trova lavoro e le condizioni sono sempre più difficili. Vuole andare in Spagna, trovare lavoro e aiutare il figlio e la ma- dre. Il padre e il fratello sono an- negati in un naufragio nel 2019 poco distanti da Lanzarote, isola nel Nord Est dell’arcipelago. In pochi anni ha perso 21 amici della sua stessa città, annegati. Mi mostra il lungomare di Las Palmas, dove alcuni migranti vi- vono, preferendo la strada all’ac- coglienza. Si sentono meno co- modi, ma più liberi. Bivaccano in tende sulla spiaggia, rifugi di for- tuna dietro al porto, angoli deso- lati sotto i cavalcavia. Il giorno successivo mi reco ad Arguineguin. Fortunatamente i migranti non ci sono più, ma trovo una ventina di barconi or- meggiati in fondo al molo, tra le barche a vela e i catamarani dei turisti. Con qualche difficoltà rie- sco a salire a bordo. Sembra di entrare in una casa dove è appena passato un ura- gano e da cui la gente è fuggita in fretta e furia. Sul fondo dello scafo trovo di tutto. Bidoni di benzina, alcuni vuoti altri ancora pieni, teloni di plastica, giubbotti salvagente, guanti, stivali di gomma, mantelle e pantaloni an- tipioggia, crema solare, fusti da cinque litri di acqua da bere, car- toni ancora pieni di latte, tantis- sima frutta secca, barrette ener- getiche, chili di pane. Tutto ciò che serviva per sopravvivere alla traversata. Quel che più mi colpi- sce è la presenza di oggetti per- sonali. Probabilmente nella fretta di scendere dai barconi, i mi- granti li hanno lasciati a bordo, o forse il personale addetto al sal- vataggio li ha obbligati ad ab- bandonarli. Trovo vestiti, zainetti pieni, beauty case, giochi per bimbi, mappe geografiche, persino un paio di mutandine colorate nuove con l’etichetta ancora at- taccata. A MC 29 maggio 2021 MC Respingimenti | Accoglienza | Migrazioni | Canarie

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