Missioni Consolata - Aprile 2021

4 chiacchiere con ... iniziato la solita progressione. Ma ai centocinquanta metri dal- l’arrivo ho sentito il muscolo della gamba «stirarsi» e un do- lore lancinante. Una gamba ha ceduto di schianto e mi sono ac- casciato a terra portandomi le mani sul viso. Gli altri atleti già ta- gliavano il traguardo mentre io ero ancora là, in ginocchio sulla pista, immobile e in lacrime. Pensavo ai quattro anni passati tra sale operatorie, centri di riabi- litazione, palestre e pista per cancellare quel Dnf di Seul. A questo punto un giudice ti è corso vicino per aiutarti a lasciare la pista, ma tu hai rifiutato il suo aiuto. Ti sei rialzato e, zoppicando vistosamente, hai ripreso la tua corsa saltellando su una gamba sola. Dentro di me ripetevo insistente- mente che non ci sarebbe stato di nuovo un Dnf accanto al mio nome. Dovevo finire la corsa. Mi son tirato su, mi sono messo in piedi e ho cominciato a saltellare sulla gamba sana per raggiun- gere la meta. Il dolore era molto intenso, ma non sono uno che si arrende facilmente. Volevo finire la gara, fosse anche stata la mia ultima corsa. Nulla per me era peggio del pensiero che non avrei terminato la mia gara. In quel momento tutti gli spettatori dello stadio ave- vano occhi solo per te. Saltellando stremato, sono arri- vato al rettilineo finale. In quel momento, un uomo, evitando la sorveglianza, è entrato in pista ed è corso verso di me. Con sor- presa ho visto che era mio pa- dre, quel papà che vent’anni prima mi aveva portato per la prima volta su una pista d’atle- tica. Evidentemente non ce la faceva più a vederti in quelle condizioni. Mi si è avvicinato e mi ha sor- retto, aiutandomi a sopportare il dolore: io piangevo come un bambino, ma avevo accanto a me la migliore spalla su cui po- sare il capo. Così insieme, ab- bracciati, io e mio padre abbiamo continuato la nostra corsa. In quel breve percorso cosa ti ha detto tuo papà? Mi ha ripetuto con voce piena di commozione: «Derek, sono tuo padre, tieni presente che non sei obbligato a finire la corsa». Gli ho risposto: «Papà, voglio portare a termine questa gara». E lui, di rimando: «Ok, abbiamo iniziato questa avventura in- sieme e la finiremo insieme». Poi mi ha consigliato di cammi- nare e smettere di correre saltel- lando, ripetendomi in continua- zione. «Sei un campione, non hai nulla da dimostrare». Abbracciati, abbiamo zoppicato insieme verso la linea del tra- guardo. Sulla pista eravamo or- mai solo io e mio padre, l’uomo a cui ero più affezionato, quello che aveva supportato le mie scelte e la mia carriera nell’atle- tica da quando avevo sette anni. Sugli spalti erano tutti in piedi a vedere voi due, pa- dre e figlio, che procedevate uniti. Poi, tuo padre ti ha 74 aprile 2021 MC lasciato a cinque metri dal traguardo. Sì, era la mia gara, e dovevo fi- nirla da solo. Lui era al di là della linea, ad accogliermi con un grande abbraccio. Non mi sono neppure accorto della «standing ovation» che il pubblico mi dedicava, non ca- pivo più nulla, ero solo in la- crime. Il video di quella gara è stato scelto dal comitato olimpico in- ternazionale per la campagna Celebrate humanity perché: «Redmond e suo padre, nono- stante il dolore e l’umiliazione, non arrivarono primi o secondi o terzi. Ma arrivarono!». A di- stanza di tanti anni Derek ripete che quella gara gli ha tolto tutto ma gli ha dato di più. E continua a riportare la sua esperienza in giro per il mondo. Perché le me- daglie passano, le statistiche si dimenticano, i risultati si confondono: solo le emozioni ri- mangono. Don Mario Bandera ______________________ Ricordiamo che i fatti sono veri, ma questa intervista a Derek, che è ancora vivo e vegeto, è una finzione. © Olympic.org

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