Missioni Consolata - Aprile 2021

aprile 2021 38 P er chi ha pagato sulla propria pelle le conseguenze di un conflitto, dimenti- care e magari perdonare sono passaggi complicati o forse impossibili. «In primo luogo - ci spiega il professor Mauricio A. Montoya Vásquez, storico e studioso del conflitto -, occorre differenziare tra perdono e riconciliazione. Il perdono è una cosa più perso- nale, che può includere anche caratteristiche re- ligiose. La riconciliazione è una cosa più ampia, che include l’instaurazione di legami di fiducia. È meglio non iniziare un processo di pace con la parola perdono e utilizzare invece la parola ri- conciliazione». Chiediamo se la società colombiana sia in grado di dimenticare oltre sessant’anni di conflitto in- terno. Il nostro interlocutore ha un’opinione par- ticolare. «Non credo - dice - che il problema sia dimenticare, che, a volte, può essere in qualche misura un elemento salvifico. Io credo che, per la maggior parte dei colombiani, il grande pro- blema sia quello dell’indifferenza, come ab- biamo visto bene nel plebiscito del 2016. Erano più di 30 milioni le persone aventi diritto, ma so- lamente 13 milioni hanno partecipato. Inoltre, le persone che hanno votato per il “Sì” (all’accordo di pace) erano quelle che vivevano nei territori più colpiti dalla violenza. È qui che si è deciso di voltare pagina». Mauricio Montoya ricorda Tzvetan Todorov. «Se- condo il filosofo bulgaro - spiega -, ci sono due memorie: una letterale e una esemplare. Ci sono società che vogliono rimanere legate a una me- moria letterale, che è quella che ricorda, com- memora e - sfortunatamente - mette il dito nella piaga e in ogni occasione cerca vendetta. Con la seconda invece si commemora e si ricorda. Non dimentica, ma è disposta a voltare pagina perché la società del futuro non soffra e non ripeta que- ste situazioni. Perché la società vecchia sia d’esempio a quella nuova». Dissidenti e banditi «Già all’inizio c’erano persone che non erano di- sponibili ad accettare il processo di pace. In se- guito altri - come Iván Márquez, Jesús Santrich, el Paisa y Romaña - si sono ritirati dicendo che non c’erano garanzie sufficienti e che non si stava compiendo quanto stabilito». «Secondo me, questo è stato un errore. Avreb- bero dovuto aspettare visto che il nostro sistema è lento e per questo richiede pazienza. Costoro sono dunque tornati alle armi formando la dissi- denza che sta tentando di occupare il territorio che un tempo era dominio delle Farc. In molte zone sono in competizione con bande criminali dedite al narcotraffico. Io penso che i dissidenti abbiano un progetto politico sempre meno visi- bile e si avvicinino ai Bacrim (acronimo di Bandas criminales come los Urabeños , ndr ), ovvero i gruppi paramilitari che non hanno accettato il processo di smobilitazione». Tuttavia, non c’è soltanto la dissidenza. Ci sono anche notizie incoraggianti: «Un 70 per cento di ex combattenti delle Farc - precisa Mauricio - sta scommettendo sulla pace, anche con vari pro- getti produttivi: i cento ex guerriglieri e rispettive famiglie che si sono trasferiti su una terra di Mu- tatà, quelli impegnati nel turismo ecologico, o quelli che hanno aperto fabbriche di abbiglia- mento (marca “ Manifiesta-Hecho en Colombia ”) e di birra artigianale (“ La Roja ”)». Si tratta di progetti d’inserimento nella società civile da incoraggiare, ma anche da difendere visto che, al 7 gennaio 2021, erano già stati assas- sinati almeno 252 ex membri delle Farc (un film già visto negli anni Ottanta quando i paramilitari sterminarono gli iscritti al partito Unión patrió- A destra: vista dal palazzo del Congresso nella Plaza de Bolívar, nel centro storico di Bogotá, la capitale colombiana. CONVERSAZIONE Perdono, riconciliazione e... indifferenza di PAOLOMOIOLA Nel conflitto e nel processo di pace colombiano, le variabili in gioco sono numerose. Proviamo a fare ordine con il professor Mauricio A. Montoya Vásquez, studioso del conflitto. ossier

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=