Missioni Consolata - Aprile 2021
Fawzia e Tamkin cambiano stra- tegia e si dirigono verso la fron- tiera di Ventimiglia, per provare a raggiungere la Francia da quel versante. «Dopo un controllo dei docu- menti, la polizia ci ha fatto scen- dere dal treno prima di raggiun- gere Nizza - racconta Nadim al telefono -. Il giorno dopo ci ab- biamo riprovato e, incredibil- mente, abbiamo avuto fortuna e siamo arrivati a Mentone». A molti, invece, è andata peggio. Finalmente in Francia, la famiglia prende l’ennesimo bus e arriva a Parigi. Da lì, pagando 1.100 euro a un ultimo passeur , il viaggio termina ad Amburgo, in Germa- nia. È il 18 gennaio del 2021. Un anno, un mese e circa 15 giorni dalla partenza da Kabul. «Abbiamo speso intorno ai 65mila dollari per il viaggio - rac- conta Nadim -. A volte mi sembra impossibile che non abbiamo più un soldo e che siamo sopravvis- suti a quest’anno. Ma so anche che siamo fortunati. Ho visto per- sone in Serbia che viaggiavano da tre anni e non riuscivano a trovare i soldi per superare la frontiera». Nadim, Fawzia e Tamkin richie- dono asilo politico ad Amburgo, ma la registrazione delle im- pronte digitali in Slovenia mette la famiglia di fronte a una grande incertezza. Secondo il regola- mento di Dublino, le procedure di richiesta di asilo devono es- sere gestite nel primo paese eu- ropeo di ingresso. L’eventuale ri- collocazione in un altro stato del- l’Unione europea avviene in un secondo tempo e non sempre con successo. «Abbiamo un permesso di sog- giorno di tre mesi in Germania, ma non sappiamo se la nostra pratica di asilo può essere ge- stita qui o se siamo obbligati a tornare in Slovenia», racconta Nadim. A oggi, la famiglia di Fawzia si trova in un campo per migranti in attesa di capire cosa ne sarà del loro futuro. «Le restrizioni delle frontiere ar- ricchiscono solamente i traffi- canti - spiega il pastore valdese Rostan -. Se ai migranti venisse del 29 ottobre, il governo fran- cese ha investito nella militariz- zazione del valico transalpino, stanziando 60 nuovi gendarmi sulla frontiera, per intensificare i controlli migratori. La Police aux frontières perlustra anche i sen- tieri montani, in cerca dei mi- granti che attraversano il confine camminando nella neve, spesso rincorrendoli per fermarli e re- spingerli al Monginevro. «Dai dati raccolti emergono pro- fili inquietanti sulle violazioni compiute dalla polizia francese - dichiara Giulia Spagna, respon- sabile dei programmi regionali per l’Europa del Danish refugee council -. I richiedenti asilo ven- gono respinti senza alcuna pro- cedura ufficiale, ma in tacito ac- cordo con la polizia italiana, con cui è in atto una collaborazione informale per aggirare le leggi internazionali sulla protezione e asilo, che prevedono invece il controllo dell’avvenuta registra- zione delle impronte digitali delle persone migranti in un paese dell’Unione europea prima di attuare un respingi- mento. Di recente ci siamo abi- tuati alle immagini scioccanti di persone e famiglie al freddo, de- rubate e picchiate lungo la rotta balcanica. Il Piemonte e la Ligu- ria sono le tappe successive di quella rotta, e vi troviamo le stesse persone, ancora più stre- mate, nuovamente umiliate nei loro diritti umani». VERSO LA GERMANIA Di fronte all’impossibilità di supe- rare il valico transalpino, Nadim, concessa l’opportunità di rice- vere un visto per raggiungere l’Europa, potrebbero investire i loro soldi per affittare una casa, acquistare un corso di lingua e avere il tempo di cercarsi un la- voro, invece di essere costretti a pagare organizzazioni criminali per raggiungere la propria meta». L’UMANITÀ DEL CONFINE Nel libro di Marco Balzano «Le parole sono importanti», l’autore spiega che il termine «confine», dal latino cum e finis , è letteral- mente il luogo dove si finisce in- sieme, la soglia dell’incontro, la frontiera nel suo senso etimolo- gico, uno spazio dove si sta di fronte e si intravvede l’altro. Il confine tra Francia e Italia è un muro difficile da valicare, ma è anche il luogo dove organizza- zioni e persone italiane e fran- cesi cooperano per assistere i migranti in transito, dando loro cibo, vestiario e cure mediche. Una sorta di gestione umana delle frontiere, che si oppone di fatto alla militarizzazione dei confini imposta dalle istituzioni europee. Dal 2017 a oggi, quattro persone sono morte durante l’attraversa- mento del confine del Mongine- vro. Eppure le temperature ri- gide, i sentieri impervi, la neve, la mancanza di indumenti pe- santi e l’inesperienza dei viag- giatori avrebbero potuto provo- care un numero di vittime supe- riore. Dietro a disgrazie scam- pate ci sono i ragazzi della casa cantoniera, gli operatori della Fondazione Talitá Kum, la Croce Rossa, il Soccorso alpino, il per- sonale medico di Rainbow for Africa, Medici per i diritti umani, i volontari del Refuge solidaire di Briançon, ma anche singoli citta- dini. La società civile ha saputo creare un cordone di umanità così organizzato che spesso sfugge anche alla comprensione dei migranti, ma che permette a persone come Fawzia, Tamkin e Nadim di non perdere i loro so- gni e neppure la loro vita sulla sottile linea di frontiera. Simona Carnino A MC 25 aprile 2021 MC
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